Intervista

Intervistata ad una zia acquisita del nonno che è stata in Inghilterra: racconta…

Sono partita nel  57  per andare in Inghilterra dove c’era già mia sorella con suo marito.

Mi avevano trovato da lavorare in un ristorante come cameriera, anche se non comprendevo e non sapevo parlare l’inglese e quindi ero a disagio anche perché alcune volte non capivo cosa volevano dirmi e allora mi guardavano male. Quando mi mandavano a fare la spesa e non sapevo a quanto corrispondevano le sterline alle lire e perciò non sapevo mai che cosa comprare  e come pagare, anche perché qua c’erano pochi negozi e quei pochi avevano cose che qui producevano. Là invece non producevano nulla e allora non sapevo neppure su che basarmi. Per alcuni anni ho lavorato lì, fino al 1959, quando è morto il proprietario ed allora sono dovuta andare a lavorare come domestica. Di sera prima di sposarmi, piangevo perché pensavo alla mamma, i fratelli e sorelle e parenti lontani. Poi d’Inverno  ciò che mi mandava più in depressione di mattina e sera era la nebbia di Londra che mette  molta  malinconia. Poi sono tornata in Italia dove avevo lasciato il mio fidanzato, cioè lo zio, e mi sono sposata l’anno successivo. Dopo esser tornata là solo lo zio aveva trovato lavoro e allora dovevamo tirar la cinghia. Dopo  abbiamo trovato lavoro in un ristorante di gente di Pontremoli, che ci considerava molto e ci trattava come famigliari. Dopo la nascita di mia figlia,  siamo riusciti ad avere un po’ di soldi ed abbiamo aperto un ristorante nostro. Lì io cucinavo all’italiana e siccome la cucina nostra è molto amata là  e ovunque, veniva molta gente a degustarla. Poi abbiamo continuato questo lavoro per molti anni fino verso il 1990 quando abbiamo venduto il ristorante ed ormai vicini alla pensione, siamo tornati in Italia per sempre, dove abbiamo comprato due case una per noi e una per mia figlia. Da allora che il nostro cuore era tornato a casa siamo rimasti qui, nonostante ora sono vedova non  ci siamo più mosse ne io, ne mia figlia. E ogni tanto ripensiamo a quella vita dura a cui son o stata costretta.

 

Intervista ad una zia della nonna che è stata ad Aosta: racconta…

Sono partita dal Fiesolare, la mia località di nascita, nel  maggio del1941, avevo 17 anni ed era un mese dopo la morte di mio fratello, lo zio Francesco, sono andata là da un altro fratello , lo zio Camillo e sua moglie Carolina. Facevamo gli ambulanti ed io andavo in giro per i paesi vicini ad Aosta dove vendevo con un carretto. A volte non mi trattavano bene e mi scansavano senza comprar ne abiti, ne coperte e a me sembra di immedesimarmi ora nei marocchini, perché anche loro sono trattati male… continuavo però il mio giro fino a sera. Poi tornavo a casa  dove avevano preparato da mangiare ( quasi sempre minestra e come pane le patate). La carne era rara e non si comprava spesso. Sono tornata qui a Pontremoli dopo un anno nel 1942 pochi giorni prima della morte di mia mamma, la nonna Annunziata,  vi sono rimasta circa un mese  con mio papà, il nonno Sante, e poi sono tornata ad Aosta. Durante la guerra sono tornata qui a Pontremoli perché là mio fratello aveva paura per me. Poi sono ripartita terminata la guerra dove ho ripreso a lavorare e tornavo sempre d’inverno perché là non si poteva girare con quel maledetto carretto in quanto c’era sempre ghiaccio o neve.Poi anche per i matrimoni di tutti i nipoti e di mia sorella sono tornata. La vita continuava così sempre come prima. Poi nel 72 mi sono sposata con lo zio, che ho conosciuto là anche se era originario di Bagnone. La vita susseguiva e dopo la morte di mia cognata abbiamo comprato  un negozio,  perché mio fratello non poteva più muoversi bene ed inoltre continuavamo a fare i mercati.

Poi è morto mio fratello ed io ero vicina ormai alla pensione e  tornavo tutti gli anni due volte tranne quando si è sposata tua mamma e tuo zio che sono venuta tre. Dopo alcuni anni ho venduto la casa ed il negozio e sono tornata qui a Pontremoli ed è da quindici anni che ci sono e non mi muoverei da qui per più di tre giorni perché la mia terra, la mia aria, l’affetto e il cuore sono  rimasti a Pontremoli .

 

Intervista ad una zia  acquisita della nonna che è a Vercelli: racconta…

Sono andata là già sposata , da mia sorella ed ho iniziato a fare la mondina. Era un lavoro duro ma, siccome alcune donne erano vercellesi, ci scansavano noi forestiere . Quindi noi dovevamo lavorare il doppio di loro se volevamo guadagnare. Poi ho iniziato a cucire un po’ in casa perché ero capace. Dopo con lo zio Berto abbiamo iniziato a lavorare in una fabbrica di tessuti. Dopo siccome lavoravo bene, la padrona mi ha portato nel negozio di sartoria dove io oltre a cucire a volte facevo i modelli. A volte venivano le signore a farsi i vestiti e io mi vergognavo perchè loro erano vestite bene ed io no. Poi  abbiamo avuto una figlia ed io sono rimasta a casa per un periodo. Poi sono riuscita ad avere  però soddisfazioni e anche lo zio guadagnava di più e quindi siamo riusciti a comprare casa e macchina. E quindi è un po’ cambiata la nostra vita e anche nostra figlia ha potuto diventare avvocato.

Dopo siamo andati in pensione primo uno e poi l’altra. Ora che nostra figlia lavora qui non ci siamo più mossi tranne per venire lì ed anche ormai che sono rimasta vedova resto qui con mia figlia,il suo compagno e i miei tre fratelli che sono qui, in quanto c’eravamo in 6 su 9 anche perché ormai la nostra vita è qui e lì a Pontremoli veniamo solo in vacanza.

 

Fabio, seconda B.

 

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