IL TESORO DI
GIANNI.
La famiglia Pinchi era finalmente tutta riunita a casa per l'ora di
cena.
Era una serata tiepida, per essere in autunno, infatti le piante del giardino
avevano ancora le belle foglie; Mirco e Chiara erano rincasati, malcontenti,
perché avevano ancora voglia di stare in compagnia con gli amici, mentre
Gianni, tutto felice, stava ritornando dal campetto con l'intenzione di
rimpinzarsi la pancia, pensando ai deliziosi manicaretti che di solito gli
prepara la sua premurosa madre.
Il padre aveva un lavoro, gestiva un negozio di abbigliamento sportivo nel
centro storico della città, vicino a un edificio molto particolare che
restava sempre chiuso e sembrava mal tenuto.
Gianni e il padre si misero a preparare la tavola, quando si sentì Maria con
una voce squillante esclamare:- La cena è pronta! Avete preparato la tavola? La
famiglia con l'acquolina in bocca rispose in coro:- Sì! Abbiamo una fame!!
La mamma sorridendo porta la sua specialità in tavola: lasagne al forno.
Mentre tutti mangiavano tranquillamente
si sentì abbaiare il cane, Mirco si alzò e disse:- E' verooo! Abbiamo lasciato
Floky, senza cena, vado subito a prenderlo per portarlo qui e gli preparo la
sua ciotola.
Dopo cena Gianni decise di uscire con il suo Floky per andare a fare
una passeggiata fino al negozio del padre, come tutte le sere.
Passando per il centro storico, il ragazzo notò che stranamente le luci del
vecchio palazzo erano accese e da lì provenivano degli strani rumori;
Gianni pensò:- Bene, abbiamo dei nuovi abitanti che sicuramente
compreranno al negozio di mio padre, dato che è il più vicino.
Poi, tranquillo, si diresse verso casa, pronto per divertirsi un po' al
computer prima di andare a letto.
La mattina dopo, Gianni si svegliò
e guardò l'orologio... le dieci e mezzo! Si era scordato di mettere la sveglia.
Saltò giù dal letto di soprassalto, doveva andare a scuola e doveva fare
scrivere la giustificazione; in preda al panico si mise a correre in bagno
a lavarsi, quando si accorse che era domenica e tirò un sospiro di sollievo.
Non aveva saltato la scuola, ma solo la Messa delle dieci, allora, andò in
cucina dove c'era la famiglia già sveglia; la madre esclamò:- Ooh! Il
dormiglione si è svegliato. Gianni rispose con un semplice sorriso.
Fecero colazione con cereali al cioccolato e latte che era il cibo
preferito di Gianni per la mattina, perché gli dava una carica speciale. Dopo
essere andato in bagno a lavarsi, si mise (con molto dispiacere) a
fare i compiti di Francese. Con il tempo che gli rimaneva, decise di andare a
portare a spasso il suo bel cane Floky. Dopo aver preso il guinzaglio, uscirono
e andarono al parco; qui Gianni ammirava l'ambiente autunnale, mentre
il suo grazioso cane si rotolava nelle foglie gialle e rosse. Dopo un po' di
tempo, si accorse che era ora di pranzare e quindi i due amici si
avviarono verso casa. Gianni, molto affamato, si buttò a tavola e subito
insieme alla sua famiglia mangiò il cibo delizioso che con affetto sua madre
gli aveva preparato; finito il pasto, Gianni con la pancia piena, guardò
un po' di tv e dopo, con gli occhi spalancati e la faccia d'angelo, chiese se
poteva andare a trovare un suo amico, il padre con un cenno acconsentì. Si
avviò dal suo amico che si chiamava Nicolò, arrivò a casa sua e dopo
essersi salutati si misero subito a giocare alla play-station 2, a calcio. Per
tutto il pomeriggio giocarono, mangiarono, scherzarono. Verso le sette
meno un quarto Gianni uscì dalla casa del suo amico con ancora il sorriso
stampato sulle labbra, si diresse verso casa e mentre camminava passò vicino
al palazzo dove suo padre lavorava. Vide di nuovo le luci accese e, preso
dalla curiosità, voleva vedere chi c'era dentro, ma, appena si affacciò,
le luci si spensero di colpo e il ragazzo decise di andare a guardare cosa
stava accadendo.
Con piccoli passi si stava avvicinando sempre più al palazzo; una persona stava
uscendo dalla porta:- Non c'è nessuno, portate fuori il materiale!
Gianni, si nascose dietro un muretto...
Si era ormai inoltrata la notte ed i
genitori del ragazzo erano preoccupati, chiamarono l'amico di Gianni, ma lui
disse che aveva ormai lasciato casa sua da due o tre ore.
Provarono anche a chiamarlo sul cellulare, ma questo squillava inutilmente.
Non sapevano più cosa fare, Stefano, il padre, decise allora di andarlo a
cercare, la città era buia, pensò che Gianni poteva essere in negozio a
riordinare le cose che erano state lasciate in sospeso il giorno prima.
Stefano corse il più veloce possibile, ma una volta arrivato, si accorse che
Gianni non poteva essere stato lì, perché tutto era rimasto in disordine come
avevano lasciato precedentemente.
Il citofono di casa Pinchi squillo, Maria andò a rispondere pensando che fosse
Gianni:- Chi è? Sei tu, Gianni?
Dall'altra parte però rispose il marito, che con voce tremante le disse che non
l'aveva trovato.
Cercarono di trovare un'altra alternativa, quindi pensarono che poteva essere
dalla nonna, Stefano prese la macchina e si diresse da lei.
Era l'una di notte, la nonna era a letto, ma appena sentì suonare, si allarmò,
andò ad aprire e dalle facce che facevano i poveri genitori, capì che qualcosa
stava andando male e ben presto, non vedendo suo nipote, capì che gli era
successo qualcosa.
Gianni intanto stava osservando che cosa stavano trafficando quegli uomini, ma
ad un certo punto si sporse troppo ed appoggiandosi ad una trave cascò facendo
rumore. Gli uomini si insospettirono che ci fosse qualcuno ad ascoltarli,
quindi corsero subito a vedere chi c'era, ma appena svolto l'angolo non
trovarono nessuno infatti Gianni si era nascosto a grande velocità sotto un
telone scuro che aveva trovato accanto alla trave. Passò tutta la notte sotto
al telo non potendo uscire perché avevano messo un uomo di guardia. La mattina
seguente i genitori del ragazzo, dopo averlo cercato
tutta la notte decisero di andare alla polizia per annunciare la sua scomparsa.
Dopo aver fatto colazione i genitori andarono al distretto, parlarono con il
capitano che chiese informazioni su Gianni.
Egli affidò il caso ad un investigatore privato, il migliore del distretto.
Entrò un uomo alto, di corporatura normale e portava un paio di occhiali.
Questo li convocò nel suo ufficio e si presentò:- Piacere, sono il signor
Barberì, con me potete stare tranquilli, ma veniamo al dunque, cosa è successo?
I genitori gli spiegarono la situazione:- Caro ispettore, tutto
è iniziato ieri pomeriggio, quando Gianni è andato a casa di un suo amico
a giocare; alla sera quando stava tornando...
- E' sparito! Esclamò l'ispettore con una voce esperta. - Avete
provato a vedere i luoghi che frequentava? - Certamente signor Barberì, ma
se voleva andare da qualche parte ce l'avrebbe detto, è
affidabile!
- Comunque adesso verrò con voi a visitare la casa dell'amico e tutti i luoghi
da lui frequentati! Rispose l'ispettore, infilandosi una
strana giacca a quadretti verdi, poi si mise a cercare i suoi strumenti: una
penna, un blocco notes, una lente, un sacchetto di plastica, un coltellino
svizzero, una macchina fotografica e degli strani occhiali neri; dopo, con un
sobbalzo, disse:- Ah! Dimenticavo il mio cappello, il mio fazzoletto
portafortuna e lo zainetto.
Dopo aver preso tutto, l'Ispettore uscì dall'ufficio, salì nella sua macchina e
si mise a seguire i genitori che lo portarono a casa dell'amico di Gianni.
Arrivati alla casa di Nicolò, l'amico
di Gianni, i genitori e l'ispettore parcheggiarono le loro macchine e andarono
a suonare al campanello. Uscì la mamma di Nicolò, che chiese se c'erano
nuove notizie di Gianni, ma l'ispettore intervenne:- Veramente signora eravamo
venuti a sentire se lei aveva qualche cosa da dirci, per esempio se ha notato
qualche atteggiamento strano da parte di suo figlio o di Gianni. La signora
cominciò a pensare se suo figlio le avesse detto qualcosa che potesse aiutare
l'ispettore, ma non le venne in mente niente. Più delusi che mai i genitori di
Gianni congedarono la mamma di Nicolò e l'ispettore. Andarono a vedere in
camera del figlio se trovavano un foglio oppure una lettera lasciata da lui, ma
un'altra delusine li colse: non trovarono nulla. Ormai credevano di non avere
più speranze, ma l'amore immenso che provavano per loro figlio superava ogni
cosa e decisero di non arrendersi finché non lo avessero trovato. L'ispettore
tornò a casa dei signori Pinchi e chiese se poteva andare a dare un'occhiata al
magazzino di Stefano; così, presero subito le chiavi e si avviarono; fuori
dalla porta videro però... un portafoglio. L'oggetto aveva l'area
familiare e la madre si avvicinò per raccoglierlo;disse:- Questo
portafoglio è di mio figlio, lo riconosco: glielo aveva regalato la
nonna per il suo compleanno!!
L' ispettore lo prese dalle mani della madre e notò che era tutto impolverato:-
Potrebbe essergli caduto quando passava di qua, disse l' ispettore e
aggiunse:- Sarebbe meglio portarlo subito alla Scientifica per analizzare
le impronte digitali, nel caso che qualcuno
avesse rapito Gianni.
Stefano pensò di continuare le ricerche, ma sapeva che la moglie sarebbe
andata con lui e non voleva mettere a rischio la sua vita; perciò, con la
scusa che si sentiva poco bene, si congedò dagli altri, dicendo che sarebbe
tornato a casa, invece si mise a fare domande ad alcuni passanti, senza però
avere risultati. Nonostante tutto non si diede per vinto e continuò a cercare
indizi che lo avrebbero potuto condurre sino al figlio. Nel frattempo l'
Ispettore e Maria arrivarono al Distretto di Polizia e consegnarono il
portafoglio alla Scientifica. Ci vollero alcune ore prima di sapere il referto,
ma alla fine le uniche impronte che risultavano erano quelle di
Gianni.
Maria era disperata e l' Ispettore per consolarla le disse:-
Non si preoccupi, signora Pinchi, ritroveremo sicuramente vostro figlio, è
solo questione di tempo!
Intanto
Stefano, stanco e vedendo che stava calando la notte, decise di rincasare, ma
sulla via del ritorno incontrò... la sagoma di una ragazza che gli pareva
familiare: aveva dei lunghi capelli neri, portava dei jeans ed un
maglione rosso e pareva che avesse quindici anni circa. La guardò meglio e capì
che era sua figlia Chiara:
- Cosa ci fai a quest'ora in giro, non dovresti essere a casa a dormire?
Anche la ragazza era stupita di vedere il babbo per strada e si guardarono
entrambi negli occhi e dopo alcuni secondi, la figlia disse:- Mi hai
spaventata, stavo cercando indizi!
Il padre le confessò:- Anch'io sto cercando informazioni; povero Gianni,
chissà dove si trova!!
Chiara domandò:
- Dato che anche tu come me stai cercando informazioni da solo, perché non ci
uniamo nelle ricerche?
- Va bene, ma stai attenta, tu cos' hai in mente di fare?
La figlia rispose pensierosa:- Non saprei, però stavo girando qua intorno,
perché ho sentito dei rumori e mi sono insospettita.
Stefano propose alla figlia di tornare davanti al negozio dove l'Ispettore
aveva trovato il portafoglio di Gianni.
I due si incamminarono e quando furono quasi a metà strada, Chiara disse
al padre:- Ehi, papà! Guarda quel ragazzo là, non sembra Gianni?
Lui guardò pieno di gioia il ragazzo indicato dalla figlia, gli sembrava
Gianni! Si avvicinò e lo fissò nella notte e questo, vedendo Stefano fissarlo e
avvicinarsi, iniziò a correre e scappò via. Il padre e Chiara si misero a
rincorrerlo, ma il ragazzo era già lontano, Stefano e Chiara, per un buon
tratto di strada, continuarono l'inseguimento, finché non videro più quella
misteriosa sagoma che assomigliava a Gianni. Non si diedero per vinti.
Andarono avanti per un po' di metri, ma del ragazzo non c'era traccia. Il
padre e la figlia, infine, sconsolati, tornarono verso casa. Passarono davanti
al negozio di Stefano e videro la porta aperta. I due, preoccupati, entrarono e
videro che il locale era vuoto: non c'era più niente! Avvisarono la
polizia che cominciò subito ad indagare.
Sfortunatamente non trovarono nulla che potesse essere di aiuto. I
due andarono a casa.
Il mattino seguente, tornarono al negozio e videro che i poliziotti erano già
lì ad indagare. Ad un tratto squillò il cellulare di Stefano: era
l'investigatore privato. Il padre ringraziò il signor Barberì, radunò tutta la
sua famiglia ed annunciò che...
l'investigatore aveva trovato delle
impronte che forse appartenevano al ragazzo della sera prima. La famiglia
Pinchi era sollevata al pensiero di riabbracciare Gianni al più presto, ma era
un po' scettica. Stefano però aveva un dubbio atroce che lo tormentava: perché
non si era fermato quando lo avevano rincorso? Forse qualcuno lo stava
minacciando di mettere in pericolo la vita della sua famiglia se si fosse
fermato? Comunque sperava in cuor suo che quell'indizio non fosse vano. Intanto
il signor Barberì stava seguendo la pista: avrebbe comunicato l'esito ai
Pinchi. Arrivò in una strada infangata e poco trafficata: sulla fanghiglia
erano ancora impresse le impronte. Era sulla pista giusta. Camminando, chiese ad
alcuni passanti se avevano visto passare un ragazzo, ma nessuno lo
aveva notato. Dopo circa cento metri, arrivò ad una discarica, dove finivano le
impronte e pensò che forse era lì che lo tenevano prigioniero. Ispezionò la
zona rovistando fra i rifiuti e cercando altre possibili impronte, ma non trovò
nulla. Eppure doveva essere lì da qualche parte; se lo sentiva.
Intanto, il tempo non prometteva bene: il
cielo era coperto da fitte nuvole nere, l'aria era umida e la pioggia
sarebbe arrivata da un momento all'altro. Improvvisamente si udì un tuono
terrificante. Il suo rombo invase l'atmosfera con il suo suono cupo e
spettrale. Il signor Barberì trasalì a quel tremendo rumore, che lo rese di
pessimo umore. Alcune gocce d'acqua caddero dal cielo. Stava per chiamare
i rinforzi quando udì la voce di un ragazzo provenire da una villetta vicino
alla discarica. Si avvicinò al ragazzino correndo, lo afferrò per un braccio,
ma si divincolò e scappò, dileguandosi nel buio.
Barberì cercò di rincorrerlo, ma inciampò sopra le siepi del vialetto; nel
frattempo all'interno della casa si accese una luce e dalla finestra,
l'investigatore scorse figure di persone che in modo frenetico confabulavano
tra loro. Nel medesimo istante si sentì la voce distinta del ragazzo, che poco
prima era scappato, che urlava qualcosa di incomprensibile e
subito due figure spensero la luce fuggendo velocissime. Barberì vide che
anche il ragazzo scomparve di corsa, allora l'investigatore si diresse quatto
quatto verso il portone, che era aperto. Appena entrato si accorse, dalla
confusione, che in quella casa era successo qualcosa di strano.
Avvicinandosi al divano,
vide un cappello che gli sembrava famigliare, gli pareva quello di Gianni,
estrasse la sua foto dalla tasca e si rese conto che era proprio il suo; in
ogni modo Barberì pensò:- Ce ne sono tanti di berretti uguali a questo, in
giro! Sarà meglio portarlo alla Scientifica e dai capelli che vi sono rimasti
risaliremo alla persona cui appartiene.
Intanto scorse al piano di sopra una luce che filtrava sulle scale da una
camera. L'investigatore, timoroso, furtivamente si diresse al piano superiore;
la paura dentro di lui aumentava, la voglia di scoprire chi c'era in
quella casa s'incrementava passo dopo passo, quindi mise la mano sulla
maniglia della porta, la spalancò e vide il ragazzo che inseguiva girato
di spalle abbracciato a una donna con dei lunghi capelli mori spettinati su cui
il povero ragazzo, scambiato per Gianni, si asciugava le lacrime sul viso
urlando a squarciagola e piangendo. L'investigatore osservò la casa che
sbirciava con la coda dell'occhio e vide che quel luogo con poca luce e con le
persiane chiuse era molto ristretto e da quanto pareva il secondo piano era
formato di una sola stanza che comprendeva una cucinetta, il bagno, molto
misero e con l'acqua che scarseggiava; poi c'erano due letti in croce messi ai
bordi della stanzetta. Barberì, pian piano avanzava ed apriva sempre di più
quella minuscola porta, da dove si doveva chinare per passarci del tutto.
L'uomo, secondo le condizioni aveva più o meno capito che la famiglia del
ragazzo non era una di quelle molto ricche, ma quella di Gianni si manteneva e
la casa non era quella; però, l'investigatore non si arrese perché era quasi
convinto che quel ragazzo misterioso fosse Gianni. Entrò ancora di più nella
casetta, ma gli altri due non se ne accorsero neanche, l'uomo notò che in
quell'ambiente c'era un clima gelido, stava congelando, continuò e pensò che
sicuramente non c'erano i riscaldamenti. Si avvicinò di scatto al ragazzo, lo
prese con sé e lo guardò in faccia, notò di colpo che...
quel volto era tutto rovinato da enormi graffi e tagli, ma mentre lo osservava
meglio, la donna si riprese il ragazzo e Barberì non fece in tempo a vedere se
era Gianni. La donna in poco tempo andò via con il ragazzo e l'ispettore ancora
frastornato da quel viso si avviò verso la casa dei Pinchi. L'uomo rimase
scioccato da tutte quelle cose che aveva visto; arrivato alla porta suonò al
campanello, nessuno rispose e allora andò al negozio di Stefano, ma era chiuso.
Barberì si insospettì ancora di più, e non sapendo cosa fare, decise di
svolgere le ricerche da solo e si incamminò verso la macchina. Vicino alla
ruota anteriore dell'auto trovò una cosa strana, il portafoglio di Gianni, che
aveva trovato la madre davanti al negozio del padre. Lo raccolse, salì in
macchina, ma una brutta sorpresa lo colse, la macchina non partiva; del fumo
usciva dal cofano, allora Barberì usci dal veicolo, andò verso una cabina
telefonica per chiamare il meccanico, ma vide che qualche cosa, in quel posto, era cambiato, ma non riusciva a capire
cosa. Chiamò il meccanico che arrivò dopo cinque minuti, gli guardò la macchina
e disse:- Caro ispettore, il carburatore della sua macchina
si è bruciato... sarà pronta domani mattina.
Barberì lo ringraziò e si avviò verso casa. Lungo il tragitto ripensò al volto
rovinato del ragazzo. Quando arrivò a casa, vide che nella segreteria
telefonica c'era un messaggio: la fece partire, ma nel messaggio si sentivano
delle parole a scatti:- T...mo...g...ha... Barberì non capì nulla di ciò che
diceva e pensò che si trattasse di uno scherzo. Andò a letto e la mattina dopo,
appena sveglio, mentre faceva colazione, pensava ininterrottamente a Gianni, a
dove poteva essere, con chi poteva essere e se stava bene. Mentre tutti questi
pensieri gli attraversavano la mente, si alzò di colpo dal tavolo, batté i
pugni su di esso ed esclamò:- Riuscirò a trovare Gianni, costi quel
che costi! Nel frattempo, si ricordò che doveva andare a prendere la macchina,
si diresse all'officina e appena giunto a destinazione, prese il veicolo e si
diresse alla Centrale.
Una volta raggiunta la meta, si sedette sulla sedia dietro alla scrivania e
cominciò a fare il punto della situazione. In primo luogo prese gli indizi che aveva trovato. Dal
fascicolo di Gianni estrasse la foto del ragazzo: si accorse che il bambino con
il volto rovinato non era Gianni, ma solo un fanciullo che gli assomigliava
molto, comunque poteva anche sbagliarsi, quindi decise di tornare nel posto in
cui l'aveva visto; allora riprese l'auto ed una volta arrivato scese dalla
vettura, prese i suoi accessori e ripensò ancora a tutti gli indizi trovati per
capire un po' di più su questa faccenda molto curiosa: un ragazzo che
forse può essere Gianni, una signora che potrebbe essere la madre del ragazzo,
le impronte, le strane sagome di persone che erano insieme al fanciullo, e
tutti gli oggetti che aveva trovato. Il signor Barberì era molto confuso,
non sapeva più che cosa fare, a che cosa pensare ed a quale conclusione
arrivare; si fece coraggio e astutamente ritornò nel punto preciso dove
aveva afferrato il ragazzo ed era stato fermato dalla donna, così non
potendolo guardare in faccia. Il luogo era molto freddo e cupo, l'ispettore
guardando bene riuscì a scorgere la signora e il ragazzo, fece
per avvicinarsi quando gli cadde il cellulare facendo rumore; la donna si girò
e notò l'ispettore chiedendogli:- Chi è lei? Perché è tornato qua? L'ho vista
anche ieri, sa che io posso denunciarla per avermi spiato? Barberì si
fece avanti:- Io sono un ispettore privato che sta indagando per
la scomparsa di un ragazzo, Gianni Pinchi.. e indicando il bambino che era
con la signora, aggiunse:- Ed egli mi sembrava proprio lui.
La donna ascoltando queste parole disse con un po' di arroganza:- No, no, no!
Mi dispiace dirglielo, ma si sta sbagliando, questo è mio figlio!
L'ispettore, ribattendo, esclamò:- Ed allora, perché ha tutte quelle cicatrici
sul volto?
La presunta madre rispose:- Le ha perché è caduto dalla bicicletta sull'
asfalto e così l' hanno dovuto portare in ospedale e suturare i tagli con i
punti!
L' ispettore dopo un po' rispose:- Mi dispiace, è stato un malinteso.
Tornando in ufficio, incontrò i genitori di Gianni che stavano cercando indizi,
percorrendo il tragitto dalla loro casa a quella di Michele, da dove quella
sera il figlio era uscito per non rientrare più.
Intanto i fratelli di Gianni, accompagnati dal cane, proseguivano le ricerche
per conto proprio, senza che i genitori lo sapessero; davanti al
palazzo misterioso, Floky, ad un certo punto, incominciò a fiutare per terra ed
i ragazzini pensarono che avesse riconosciuto l'odore di Gianni.
La bestiola prese ad abbaiare e nello stesso tempo a correre verso delle
impronte; ad un certo punto la sentivano, ma non la vedevano più e così
incominciarono a chiamarla e a cercarla camminando su quel terreno
fangoso; trovarono le sue impronte e a fianco ce n' erano delle altre che
assomigliavano a quelle delle scarpe di Gianni. I fratelli trovarono
finalmente Floky... e Floky aveva trovato... un lembo di stoffa grigia
pesante ed assomigliava al tessuto della giacca di Gianni. Mirco e Chiara
pensarono subito che qualcuno avesse strappato la giacca al fratello, lottando;
allora decisero che era meglio parlarne con i loro genitori e che non dovevano
tenere più le cose nascoste. Mentre stavano tornando verso casa, incontrarono
il signor Barberì
che chiese loro che cosa stavano facendo a quell'ora della notte con il loro
cane Floky. A quel punto, per il bene di loro fratello, Mirco e Chiara decisero
di confessare e consegnarono il pezzo della giacca strappata
all'investigatore.
Barberì era molto preoccupato e disse che non c'era tempo da perdere, perché
Gianni poteva essere in seri pericoli. Prima di tutto chiamò al telefono:
- Tuu, tuu... Pronto, chi parla? Domandò una voce dall'altra parte del
telefono. - Sono il signor Barberì, sono qui con Mirco e Chiara, abbiamo
trovato un pezzo di stoffa grigia che potrebbe appartenere a Gianni. Ci vediamo
fra venti minuti alla Scientifica. - Oh, va
benissimo, arrivo subito, rispose la madre di Gianni.
L'investigatore, presi i due ragazzi, salì in auto e partì verso la Centrale di
polizia. Durante il tragitto, l'ispettore si accorse che una berlina nera
li stava seguendo da parecchi minuti. Pensò di accelerare e dopo una brutta
curva si ritrovò contro il cancelletto di una casetta vicino alla Stazione di
polizia.
La berlina era di nuovo lì, si fermò per un istante per poi accelerare e
sparire nella notte.
- Signor Barberì, signor
Barberì! Stefano e Maria gli corsero incontro. - State tutti bene?
Chiese preoccupata Maria. - Sì, menomale! Abbiamo urtato solo la portiera,
rispose Chiara.
Mirco,
mentre aiutava l'ispettore a scendere, gli chiese: - Come mai ha accelerato così
tanto?
Barberì con aria ancora assente non rispose, ma invitò i genitori a seguirlo
per esaminare il pezzo di stoffa.
Non attesero molto alla Centrale e l'ispettore fece loro questa comunicazione:-
E' molto evidente che le impronte che sono su questo pezzetto appartengono a
una persona il cui nome non compare negli archivi, ma abbiamo buone ragioni di
credere che viva nella zona di via Ponteromano. Ci andrò personalmente
domani; ora vi saluto e vi do la buona notte.
Dopo aver salutato i genitori e i fratelli di Gianni, il signor Barberì tornò a
casa, si sdraiò esausto sul letto e si mise a pensare alla berlina; c'era stata
veramente? E li stava seguendo? Se era così per quale
motivo? Mentre era preso da questi pensieri, si addormentò.
La mattina seguente Barberì, come aveva
promesso ai signori Pinchi, si avviò in via Ponteromano; durante la notte era
nevicato e per le vie ci si muoveva a fatica. Barberì non sapeva da dove
cercare; in quel mentre vide la stessa berlina nera che la notte precedente
l'aveva inseguito. La macchina era davanti ad un palazzo che sembrava
disabitato; con un po' di esitazione scese e si avvicinò ad una finestra rotta;
dentro sentì una voce che chiedeva:- Hai trovato il ragazzo di cui ti ho
parlato? Ed un'altra voce rispose:- No, è come se il ragazzo si fosse dileguato
nel nulla. Dopo quella breve discussione le due persone si separarono e Barberì
si nascose dietro un muro. Le osservò uscire: erano entrambe vestite di nero:
uno di loro salì sulla berlina e se ne andò via, mentre l'altro si
recò nella casa di fronte. Quando Barberì non vide più nessuno, si
avvicinò alla porta del palazzo e la aprì, sicuro di trovare almeno un indizio.
Quindi si mise ad esplorare e dopo un'ora l'ispettore uscì dal palazzo, non
avendo trovato nulla a parte dei topi alla ricerca di cibo. Quando uscì erano
quasi le quattro e si era rimesso a nevicare con molta insistenza. S'incamminò
alla sua macchina diretto a casa, sulla via del ritorno ripensò alla
conversazione, sicuro che ci fosse un nesso con la
sparizione di Gianni. Arrivato davanti a casa, l'ispettore decise di far sapere
alla famiglia Pinchi quello che aveva scoperto e dopo sette squilli rispose
Stefano. Barberì disse:- Signor Pinchi, ho scoperto che suo figlio è vivo
e che sta scappando, perché due uomini lo stanno cercando. Barberì congedò
il signor Pinchi, che era molto contento che suo figlio fosse vivo.
L'ispettore si avvicinò alla finestra, mentre la neve continuava a cadere e
ormai la strada era tutta coperta. Nella casa di Gianni, intanto Stefano
aveva radunato intorno a sé tutta la famiglia e aveva annunciato che
Gianni era vivo. A quella notizia la famiglia si rallegrò e tutti si
sedettero al tavolo mangiando e facendo delle ipotesi su dove si potesse
trovare Gianni in quel momento.
Ad un certo punto, videro alla finestra un'ombra; Barberì appena se ne
accorse la seguì attraverso le orme sulla neve che lo portarono al palazzo
dove era andato qualche ora prima. Entrò con molta calma, si avvicinò ad
una porta e lentamente l' aprì.
Dentro vide una valigetta con degli effetti personali e con alcune medicine; la
stanza era messa a soqquadro. I vetri delle finestre erano frantumati al suolo,
le sedie erano tutte accatastate sopra al tavolo.
La prima ipotesi che fece fu quella di una lite. Durante la ricerca di
qualche indizi, sentì dei rumori provenire dal piano sovrastante. Alla
fine della scala trovò un bicchiere spaccato; mise la mano sulla maniglia, aprì
la porta e vide un piccolo
locale dove c'era una finestra spalancata. Corse subito verso di essa e vide
che la sagoma misteriosa stava scappando. Pensò di mettersi all'inseguimento,
ma girò l'occhio verso l'interno del locale e, sparso sopra al pavimento, vide
una boccetta di medicinali aperta, con alcune pastiglie sparse per la stanza. Barberì
raccolse la boccetta, la mise nell'apposito sacchetto per portarla ad
analizzare alla Scientifica e raccolse pure qualche pastiglia.
Prima di infilare il tutto nella
tasca della propria giacca a quadretti verdi, lesse l'etichetta e vide che si
trattava di una boccetta di sonniferi.
Quando stava per andarsene scorse dietro la porta un piccolo divano dove
c'erano spari dei giornali ritagliati, ma delle forbici nessuna traccia.
Si avvicinò e vide che da quei quotidiani mancavano delle lettere da alcune parole;
Barberì si mise a frugare tra i ritagli e trovò che le lettere mancanti
formavano un nome: Gianni.
Una volta rientrato nel suo ufficio, Barberì prima di consegnare il tutto alla
scientifica, dispose davanti a se gli ultimi indizi trovati e cominciò a porsi
delle domande: A chi sarebbero serviti quei sonniferi? Cosa avrebbe
continuato a scrivere il fuggitivo con quei ritagli se non lo avessi
disturbato? Ma sopratutto chi era la persona scappata dalla
finestra?
Il giorno dopo arrivò una telefonata dalla Scientifica la quale lo
informava che le impronte sulla boccetta delle medicine appartenevano alla stessa persona che aveva ritagliato i
giornali. Barberì allora si affrettò a chiamare i Pinchi. Al ricevitore rispose
Stefano: - Pronto, chi è? - Sono Barberì, mi scusi se la disturbo, ma ci sono
delle novità dalla Scientifica: ho trovato, nel palazzo dove ho visto quelle
strane figure che parlavano di Gianni, una boccetta con del sonnifero. Ma non è
tutto: ho anche scoperto delle riviste con delle lettere mancanti, tutti gli
oggetti hanno le stesse impronte delle persone che vivono nel palazzo. In più,
i caratteri che mancavano dai giornali, formavano il nome di suo figlio. -
Cosa? Ma... allora... rispose Stefano con voce incerta. - Sì, credo che siano
loro a tenerlo prigioniero. Si faccia coraggio, il caso avrà una svolta
importante; bastano solo poche prove per cogliere con le mani nel sacco le
persone che vivono in quel palazzo e si potranno arrestare i colpevoli, ma
soprattutto trovare Gianni. - Oh ispettore, non so come ringraziarla
dell'impegno costante che mette nel suo lavoro. Sono convinto che con lei
possiamo stare tranquilli. - Si figuri, è il mio mestiere... arrivederci,
signor Pinchi. - Arrivederci. E con questo riagganciò, con il sorriso sulle labbra.
Gli stava molto a cuore quella famiglia e provava pena per la perdita che aveva
subito. Voleva aiutare quella brava gente, perciò si sentì di dover
tornare al palazzo, prese la macchina e si avviò alla residenza, per indagare
sulla zona intorno all'edificio. Arrivato, scese dalla vettura e, per non farsi notare, si
limitò ad indagare sulla parte attorno alla costruzione percorrendone il
perimetro. Dopo tante ricerche, trovò delle impronte di scarpa, più o meno il
40, forse appartenenti ad un uomo. Così prese il suo kit, ne estrasse del
gesso, lo pose sull'orma e aspettò che il calco fosse pronto e raccolse la
copia dell'impronta. Proprio quando stava salendo sull'auto, un' immagine gli
apparve davanti agli occhi. Scavò a fondo nella memoria per accettarsi del
pensiero che lo aveva appena colpito e dopo attente riflessioni, ne fu sicuro:
le due persone del palazzo, anche se le aveva appena scorte nella fuga, erano
le stesse che avevano confabulato nella casa vicino alla discarica.
Allora Barberì prese per la volta definitiva la sua macchina e si volle
dirigere verso la casa vicino alla discarica, però, ad un tratto, arrivato a
destinazione, sentì un urlo tremendo che a quanto pareva proveniva dalla
direzione opposta. Si girò e sentì immediatamente un altro urlo dall'altra
parte ancora, e poi un altro ancora, finché un colpo molto addolorante lo colpì
al torace; cadde subito a terra, ma prima di svenire vide una targa che subito,
da furbo investigatore la memorizzò. Intanto la famiglia Pinchi era contenta
della notizia e Stefano avvisò amici e parenti. Quando Barberì si svegliò si
trovò in mezzo alla strada dove era svenuto, ma lui non si ricordava nulla e
continuava interrottamente a ripetere la targa vista prima di svenire. Il luogo
era isolato; vicino vide la sua macchina, allora di scatto si ricordò tutto e
pensò che chi lo aveva colpito poteva essere il proprietario della macchina con
la targa che aveva memorizzato. Allora l'uomo andò in caserma dalla
polizia e controllò subito la targa, che ormai non gli passava più dalla
mente. Dopo un'occhiata a tutti i dati, l'ispettore si accorse che la targa
corrispondeva all'auto di una persona molto conosciuta.
Ma qualcosa era successo, intanto, lontano da qui...
Era un mattino invernale
particolarmente bello: un tiepido sole rallegrava le campagne che facevano
intravedere i primi esili
fiorellini: " Gli occhi della Madonna". Gianni si era appena
svegliato e il corpo gli doleva un poco: aveva dormito raggomitolato
nella sua capanna sull'albero. Si alzò e si mise a sedere ripensando a quello
che aveva passato la sera prima. Poi dopo lunghi attimi che, gli sembrava, non
finissero mai, si alzò e si affacciò dalla finestra della capanna. La vista di
quei dolci fiorellini lo rallegrò e così scese di corsa per recarsi
a raccoglierne uno. Se lo portò sotto il naso e la sua freschezza e
il suo profumo gli fecero sembrare di essere libero. Così cominciò a correre in
mezzo al prato. Ormai il corpo non gli doleva più di tanto e, correndo a
più non posso, inciampò su un qualcosa di strano e dalla sua tasca uscì un
pezzo di carta bruciato ai lati. Lui non lo notò, ma poi dopo qualche minuto,
vedendo che gli mancava il pacchetto di fazzoletti, tornò sul luogo della
caduta e prese il pezzetto di carta:- Cosa è questo? si chiese fra sé
e sé:- Non l'ho mai visto prima ed era dentro ai fazzoletti. Lo aprì e
dentro c'era scritta una frase, strana, che lui non capiva. Si rimise tutto in
tasca. Improvvisamente si ricordò della fuga che l'aveva visto protagonista
qualche sera prima. Non si ricordava bene perché e da chi era scappato,
però sapeva che quel biglietto lo aveva in mano uno di quegli uomini in cui si
era imbattuto per caso e che non conosceva. Ritornò dentro alla sua
capanna, che aveva costruito per pensare e per andarci quando voleva
stare un po' da solo e in pace. Nessuno sapeva dell'esistenza della piccola
dimora, l'aveva costruita l'estate prima con travi sottratte a suo padre mentre
era impegnato a lavorare. Era una semplicissima capanna o "casa" come
la definiva lui. Era molto piccola, aveva una finestrella e al suo interno era
spoglia. Era costruita sul primo ramo di un albero e l'aveva pitturata del
colore della pianta. Per accedervi vi erano dei piccoli pezzi di trave
piantati al tronco dell'albero. Continuava a pensare, si ricordò la grande
paura che aveva provato durante la fuga e si ricordò che, stremato, si era
addormentato nella sua dimora segreta.
Mentre pensava, sentì un rumore provenire dai piedi dell'albero, si affacciò
alla finestra e vide un uomo alto, magro, che indossava un impermeabile nero.
L'uomo si guardava intorno, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno, ma
rimasto deluso, lo vide ritornare verso la macchina che aveva lasciato lì
vicino, in una stradina di campagna. Quando fece per salire, dalla tasca gli
cadde una lettera.
Gianni, quando fu sicuro che l'uomo misterioso se ne fu andato, scese
dall'albero, raccolse la busta e la portò nella casa; l'aprì e vide che
conteneva un foglio con incollate sopra delle lettere che formavano un
discorso. Il messaggio era per lui e diceva:- Se tu ritorni a casa, la tua
famiglia sarà in pericolo!
Gianni si spaventò molto e
mentre pensava a cosa poter fare, si accorse che nel fondo della busta c'era
una microspia. Sperando che non l'avessero ancora rintracciato, cominciò a
correre verso una direzione che portava alla discarica. Quando fu lì, gettò il
più lontano possibile la microspia, che finì in mezzo ai rifiuti...
Ad un tratto sentì alle sue spalle il rumore di un furgone e fece appena in
tempo a nascondersi dietro a dei cespugli. Da lì vide scendere delle persone,
tra le quali riconobbe lo stesso uomo che aveva visto vicino alla sua casetta...
Cominciarono a cercare qualcosa tra i rifiuti e Gianni ne approfittò per
scappare via, ma a questo punto non sapeva più dove andare a nascondersi: se
andava a casa la sua famiglia era in pericolo, ma non voleva nemmeno tornare
nella sua casetta sull'albero, perché sicuramente prima o poi l'avrebbero
trovato.
Mentre pensava a tutto questo, si ritrovò in un paesino di campagna: al centro
del villaggio c'era una chiesa imponente, tutt'intorno si estendeva una piazza,
dove le persone potevano camminare tranquillamente. Le case erano di legno
molto comode all'interno, con arredamento vario. Alla periferia del paesino si
estendevano moltissimi campi arati di fresco, vi erano poi molte fattorie piene
di animali, fiumi e torrenti che sgorgavano allegri dalle colline del paesino e
contadini che lavoravano i campi. In quel mentre vide lo stesso furgone, che lo
aveva inseguito andare verso il paesino andare verso il paesino: percorse un
tratto di strada, attraversò un ponticello di pietre e poi si fermò vicino a una
casa e scesero due persone:erano gli inseguitori. Portavano degli abiti neri,
con una giacca anch'essa dello stesso colore, in testa avevano una maschera blu
notte. Entrarono in casa e Gianni, curioso, senza farsi vedere, andò verso la
casa e si avvicinò una finestra aperta, da cui sentirono le seguenti parole -
Abbiamo scoperto il rifugio del ragazzo: si trova a una decina di chilometri
da qui, in una casetta su un albero nel prato. Lo abbiamo inseguito,
ma lui è riuscito a fuggire. Andremo a controllare ancora, anche se non siamo
sicuri che potrebbe tornare. Dette queste parole ognuno tornò ai propri
lavori e Gianni fece in tempo a nascondersi dietro un cespuglio del giardino
della casa. Le parole che aveva sentito lo avevano sconvolto e perciò
fuggì, non sapendo ancora la sua meta. Scappò
dal paesino e corse molto velocemente per una stradina di campagna che lo
portò in una foresta. Gianni però era stufo di essere inseguito e costretto a
scappare in luoghi a lui del tutto sconosciuti, ma al momento non sapeva
proprio che cosa. fare.
Intanto l'ispettore, in caserma, non fece a tempo controllare il numero
della targa sospetta che il computer si spense. In un primo momento non riuscì
capire per quale motivo fosse accaduto; dato che la luce dello studio non
si era spenta, capì che non poteva essere un black-out, quindi, sospettò subito
di un hacker. Si diresse immediatamente in un altro computer, per finire di
leggere i dati, ma questi erano stati cancellati; chiamò quindi un suo
amico investigatore e gli disse:- Cerca di recuperare il proprietario di questa
macchina, la targa è af256md. Ci vediamo presto, appena lo trovi chiamami!
Intanto Barberì rimise in ordine tutti i file che contenevano indizi su Gianni.
A tarda sera tornò a casa per riposarsi, dopo quella dura giornata.
Il giorno dopo richiamò il collega, dicendo se aveva trovato il proprietario;
l'amico rispose affermativamente, il padrone del veicolo si chiamava Ugo
Saltarelli. Barberì si informò su dove fosse la sua abitazione, ma senza
ottenere risultati; quindi per lui si aprì un altro caso da risolvere che
sicuramente era legato a quello di Gianni. In questo nuovo caso, però,
si sarebbe fatto aiutare anche da altri suoi colleghi. Poco dopo,
telefonò di nuovo al suo amico che gli aveva dato le informazioni sulla targa e
nonostante insistette, non ebbe risposta. Barberì iniziò a preoccuparsi. Provò
a richiamare, ma anche questa volta niente. Si vestì velocemente e dopo aver
preso le chiavi della macchina si diresse verso la casa del suo amico; suonò al
campanello. Nessuno aprì. L'ispettore era agitato e non sapeva dove poter
cercare il suo collega. Dall'ansia che aveva addosso gli sfuggirono le chiavi
di mano: - Accidenti questa non ci voleva, non c'è neanche una luce qui! Disse
l'uomo; doveva ritrovare le chiavi, quindi si accucciò per terra e si mise a
tastare il tappetino che era sull'uscio della porta. I minuti passavano, quando
finalmente Barberì sentì qualcosa sotto le mani, però non era quello che
cercava, infatti era un pezzo di guanto. All'ispettore venne subito in mente
che potevano essere stati in casa dell'amico i ladri; con il lembo del cappotto
prese l'oggetto appena trovato e lo mise in una bustina di plastica che
fortunatamente aveva in tasca. Nel frattempo riuscì a trovare anche le sue
chiavi.
Si alzò in piedi e sfondò la porta d'ingresso... all'interno apparentemente
sembrava vuota.
- Luigi, Luigi, sono Barberì, ci sei? Nessuno rispondeva, il nostro amico corse
nella stanza accanto e trovò imbavagliato per terra il collega: lo slegò e si
accorse che era svenuto, chiamò subito un'ambulanza. Arrivarono all'ospedale e
il medico lo rassicurò dicendogli che non era niente di grave e l'unica cosa da
fare era stare a riposo. Barberì più sconvolto che mai dei per i vari fatti
avvenuti in poco tempo domandò: - Dottore, posso andare a vedere il mio amico?
Farò il più presto possibile.
Il medico rispose affermativamente, ma aggiunse di non stancarlo.
L'investigatore entrò e dopo aver salutato e aver chiesto all'amico come stava,
gli domandò cos'era successo. - Non ricordo molto bene. rispose... erano tre
uomini con il passamontagna nero e io non ho neanche fatto in tempo a
difendermi, che loro mi hanno colpito alla testa.
- Va bene così, non ti sforzare, il dottore ha detto che non é nulla di grave e
che ti rimetterai presto.
I due si salutarono e Barberì portò a fare analizzare il guanto trovato per
terra, ma mentre scese dalla macchina cominciò a rimuginare su quello che era
accaduto al suo collega e pensò subito che aveva a che fare con la sparizione
di Gianni. Il nome di Ugo Saltarelli continuava a rimbalzargli imperterrito
nella testa: quel nome gli ricordava qualcosa, ma cosa? Prese l'automobile e si
diresse alla casa del suo amico. Era giorno, il sole splendeva alto nel cielo.
Arrivato, entrò dalla porta scassinata e notò che le cose non erano nella
posizione originaria. Le tapparelle erano chiuse. Barberì approfittò allora per
usare il suo detector per rilevare le impronte sulle rispettive finestre. Era
un lavoro molto faticoso, si rimboccò le maniche, continuò a lavorare e alla
fine della giornata non ebbe successo. Un po' rattristato si diresse al bar di
fronte "Da Pino" per godersi una birra in santa
pace. Entrò, si diresse al bancone dove il proprietario stava pulendo un fondo
di bicchiere. "Bella serata, eh ispettore? Vuole una birra media o
grande?" "Facciamo grande, oggi sono un po' stanco" rispose
l'ispettore. "Ok capo, scusi se mi permetto, perché è così stanco?"
Continuò il proprietario. "É che prima ho lavorato molto" rispose
l'ispettore. Come un impiccione Pino parlò " Scusi un'altra volta,
ma. . . , su che cosa ha lavorato?" "Oh niente, diciamo . . . un lavoretto
alla casa di fronte " rispose preoccupato l'ispettore "E . . .
mi permetta un'ultima domanda, di che cosa si tratta? Continuò Pino.
"Ma quando è pronta la mia birra ?" "Eccola in arrivo "
urlò l'anziano proprietario
. Un altro
cliente
fece
un cenno a Pino, che si avvicinò al signore il quale stava per parlare quando …
… Intanto Gianni, che scappando
si era ritrovato in un bosco, si sedette su un sasso, non sapeva dove era
e pensò a raggiungere un altro posto dove, momentaneamente, poteva restare
senza farsi trovare. Pensò a lungo quando tutto ad un tratto sentì un rumore
dietro alla schiena. Si girò di scatto, ma non vide nessuno: " Sarà un
animale che è passato" pensò il ragazzo. Si rialzò per andare a
cercare un riparo per la notte, era da tanto che camminava, quando sentì
qualcosa che gli toccava la spalla, si girò, ma non vide nessuno, ma
d'improvviso qualcosa gli colpì la schiena, preso dal terrore si rigirò
quando... scoprì che era solo la pioggia. Ora doveva cercare un vero riparo sennò
si sarebbe bagnato. Gli venne in mente che un luogo sicuro per nascondersi
sarebbe stata la vecchia casetta sulla collina e si diresse lì.
Quando fu a metà strada smise finalmente di piovere, ma un altro inconveniente
colpì Gianni: la notte era ormai prossima. Cominciò a correre e dopo molto
tempo arrivò. Esausto, si sdraiò sul pavimento della casa e si addormentò.
La mattina dopo si svegliò, si mise a sedere, quando sentì un rumore di
motore provenire dalla finestra. Curioso andò alla porta, uscì e si trovò
davanti un uomo anziano: " Che cosa fai nella mia proprietà, guarda
che se ti prendo ti porto alla polizia... Dovete piantarla di venire nella
mia fattoria". Gianni preso dalla paura scappò, ma nella fuga
non si accorse che aveva perso il suo braccialetto.
… Intanto i fratelli di Gianni,
dopo aver cercato in tanti luoghi, si incamminarono, una domenica, verso la
collina dove alcune volte si recava Gianni. - Mirco, ora che siamo arrivati,
che cosa facciamo, dove cerchiamo? Dopo quello che aveva detto la sorella,
Mirco, il fratello maggiore di Gianni, si sentì per la prima volta spaesato;
che fare? Non sapeva più dove cercare, ma di una cosa era sicuro: voleva che
tutto ciò finisse presto e non vedeva l'ora di riabbracciare il fratello. -
Perché non andiamo verso quella casa laggiù? Forse
nostro fratello si trova lì, disse Mirco di risposta.
I due si incamminarono e cominciarono a pattugliare con circospezione nei
dintorni; stava iniziando a piovere e siccome non trovarono niente, Chiara
disse:- Perché non entriamo in casa, sta diluviando. - Ma no, sono
solo due gocce! Rispose il fratello. - Riposiamoci almeno nella casetta!
Continuò Chiara. - No, è meglio guardare prima dall'esterno! Rispose infuriato
Mirco. - Ma potremmo prenderci una polmonite! Esclamò Chiara. - E va bene
sapientona, facciamo come vuoi tu. Urlò Mirco.
I due entrarono nella casa, era vuota e si sedettero negli angoli opposti,
entrambi imbronciati; passarono alcuni minuti di silenzio, quando alla fine:-
Scusami Chiara, non volevo, è che sono preoccupato per nostro fratello. - Scuse
accettate, ora però usciamo dalla casa. Dichiarò Chiara.
I due, usciti fuori, decisero di fare ritorno, quando notarono un braccialetto
sul fondo erboso, lo raccolsero, stavano per parlare, quando un vecchio sbucato
all'improvviso con fare minaccioso si avvicinò ai due ragazzi e domandò loro
che cosa stavano facendo da quelle parti:- Stiamo cercando nostro fratello che
é sparito ormai da otto mesi. Risposero Mirco e Chiara, dopodiché scapparono.
Una volta distanti dalla casetta e dal vecchio, sostarono per un po' sotto ad
un albero. Guardando il braccialetto, Chiara esclamò:-Guarda Mirco, sulla
targhetta c'é una lettera, ma non riesco a capire quale!!! -Dammi, cerco di
pulirlo. Disse Mirco, intanto strofinava con la sua maglietta il braccialetto
per pulirlo. Ad un tratto Mirco sobbalzò; Chiara, impaurita, domandò:- Che
succede!?! Mirco le rispose:- Guarda, guarda il braccialetto, la lettera é una
G! -Potrebbe essere di Gianni, cerchiamolo! Intanto Mirco é pensieroso, sta
pensando al bracciale di Gianni, che assomiglia proprio a quello trovato. -
Allora... potrebbe essere ancora da queste parti, muoviti, aiutami a cercarlo!
Lo cercarono a destra e a sinistra finché l'anziano signore che avevano
incontrato in precedenza li raggiunse e li fermò chiedendo loro:- Avete
detto di cercare vostro fratello, ma perché proprio da queste parti? - Abbiamo
trovato un suo braccialetto e pensiamo che possa essere in questa zona. Dissero
i fratelli. - Ma la polizia non sta cercando? - Sì, ma non sono ancora
giunti a delle conclusioni e non riescono a trovarlo. Disse Chiara un po'
timorosa. Il vecchietto quindi chiese:- Come si chiama vostro fratello? Mirco
rispose a gran voce:- Gianni, l'ha visto?? - Non so proprio dirvelo questo,
comunque un po' di tempo fa c'era un ragazzo che gironzolava da queste parti!!!
Disse il vecchio. - Quando se ne é andato, che strada ha preso???? Esclamarono
in coro i due fratelli, scrutando a destra e a sinistra il posto. L'anziano
disse indicando una piccola pineta:- Da quella parte, ma non ne sono molto
sicuro, é passato del tempo.
I due fratelli ringraziarono il vecchio e corsero più veloce che potevano fino
alla pineta, ma appena entrati...
… Nel frattempo Barberì era al
bar da Pino; un altro cliente fece un cenno al barista, che si avvicinò al
signore il quale stava per parlare quando Barberì esclamò: -Ehi Pino, vieni
qua! Il barista andò dall’ispettore che gli domandò: - Qual è il nome di quel
signore? –Gli “amici” lo chiamano Ugo, ed il suo cognome penso sia
Saltarelli. Rispose Pino curioso. L’investigatore lanciò un’occhiata all'
uomo. Era alto, un po’ grassoccio e indossava un maglione verde e dei calzoni
blu. Gli andò incontro ed estraendo il distintivo dalla tasca dichiarò: -
Signor Ugo Saltarelli, lei è in arresto. Saltarelli gli chiese: -Mi scusi, ma
non conosce le buone maniere? Chi è lei? –Questo non ha importanza, mi segua in
centrale e stia in silenzio, potrà parlare solo per rispondere alle mie
domande. Barberì lo fece salire sull’auto e arrivati a destinazione lo
accompagnò in una stanza buia con solo un grande tavolo e due sedie. Lo fece
accomodare e gli disse: -Fra poco sono da lei, devo fare una telefonata. Compose
un numero sul suo telefonino e aspettò che la voce dall’altro capo del telefono
chiese chi fosse per dire: -Sono l’ispettore Barberì, ho preso Ugo Saltarelli.
Adesso è qui con me in centrale e vorrei che voi assistiate al suo
interrogatorio. Stefano, il padre di Gianni, rispose. –Arriviamo subito e
grazie di tutto ispettore. –Si figuri, comunque fate in fretta, comincerò a
fargli qualche domanda senza di voi. Riattaccò e tornò da Saltarelli. –Bene
adesso ha il diritto di parlare, vorrei farle qualche domanda. Iniziamo… ah,
risponda sinceramente, è molto importante che lei dica la verità. –Certo,
comunque perché sono qui? E lei chi è? –Io sono l’ispettore Barberì e vorrei
che lei mi dicesse se lunedì 20 alle 11,41 si trovava nella casa vicino alla
discarica. –Lunedì…uhm….11,41. Ah sì!!! Ero con la mia famiglia in una piccola
villa in campagna. Ho un alibi, chieda a mia moglie, può confermare la mia
versione. Rispose timoroso.
– Sì, certo, ma con cosa si è diretto in quella villa? Dopo un attimo di pausa
aggiunse: -…vede, glielo chiedo perché quel giorno a quell’ora mi sono diretto
alla discarica e prima che qualcuno mi colpisse al torace ho visto la sua
macchina, una Berlina nera, andare via da quella casa. – No, io mi sono diretto
in campagna con l’autobus e…ah…adesso che ci penso bene, la macchina l’avevo
prestata una settimana fa ad amici, ma non me l’hanno ancora restituita e
così li ho chiamati tutti per scoprire chi l'aveva presa ed è
successa una cosa strana, quando ho telefonato all'ultimo che
avevo segnato nell'agenda nessuno ha risposto; ho riprovato un sacco di
volte, ma non l' ho trovato, era scomparso, sparito nel nulla e,
sono un po’ imbarazzato a dirglielo, non ricordo a chi avevo dato le
chiavi, ma penso sia quel mio amico che non ha risposto, però è meglio non
trarre conclusioni affrettate. Confessò il sospettato. L’ispettore lo
scrutò e capì che Saltarelli diceva la verità; un po’ arrabbiato, si alzò e
spinse la sedia con un gesto violento e si calmò non appena vide il signore e
la signora Pinchi. Li fece entrare e, dopo aver loro spiegato tutto, domandò a
Ugo: -Non si ricorda? Com’è possibile? Faccia uno sforzo: è molto importante
sapere a chi l’ha data in prestito, qui c’è in gioco la vita di un ragazzo. –
Mi dispiace, mi ricordo solo che quando gli ho dato le chiavi ero un po'
stordito, ma per favore mi creda, sono innocente! Non ricordo davvero, potrebbe
lasciarmi andare a casa dalla mia famiglia? Aggiunse in tono supplichevole.
L’ispettore rimase un attimo in silenzio e poi facendogli un cenno con la mano,
gli disse: - Vada pure, so che non è colpevole, però se gli viene in mente
qualcosa chiami qui in Centrale. Gli tolse le manette e gli strinse la mano,
rivolgendogli un sorriso formale. Dopo aver salutato anche i genitori di
Gianni, si sedette e rifletté su quello che Ugo Saltarelli gli aveva detto.
Voleva sapere a chi avesse prestato la macchina e decise di fare qualche
telefonata per indagare.
Quando ebbe finito, prese il fascicolo dove erano contenuti
tutti gli indizi sul caso di Gianni. Uscì deciso e si diresse nel luogo dove
era stato trovato il portafogli, poi proseguì verso il luogo del cappello e,
così via ripeté più volte il percorso delle zone dove erano stati prelevati gli
indizi. Dopo svariate ore di ricerca, sotto il sole cocente, ritornò davanti al
palazzo, dove probabilmente Gianni aveva trascorso le ultime ore prima della
sua sparizione. Barberì decise di entrare nell'edificio per chiedere
informazioni, addentratosi nel luogo iniziò una camminata in un corridoio molto
buio, dove non si vedeva neppure la punta dei piedi. Arrivò ad una porta, la oltrepassò
ed entrò in un magazzino; mentre camminava, un filo di luce illuminava a tratti
la sala, lì vicino nel pavimento giaceva una cartina, la raccolse e notò che
era la pianta della città, vide anche che erano sottolineati col rosso alcuni
punti, erano i luoghi dove erano stati trovati gli indizi, tutti tranne uno.
Quest' ultimo era forse il prossimo luogo, dove Gianni sarebbe andato, vide
anche che se qualcuno univa i punti si formava una bilancia, simbolo di una
nota organizzazione criminale. La raccolse e si diresse di corsa verso
l'uscita, capì tutto fin dal primo istante. Prese il telefonino e chiamò
la centrale, intanto il suo cervello iniziò a elaborare una serie di ipotesi...
Gianni, incuriosito, era entrato nel palazzo, dall' altro lato della strada,
aveva percorso il corridoio ed era entrato nel magazzino. Su un tavolo aveva
preso una lettera top secret, la sua curiosità aveva vinto, voleva leggere quel
pezzo di carta, quando aveva sentito delle voci; allora l'aveva preso e
infilato nella giacca, aveva trovato una pianta della città e sentendo le voci
che avevano fatto trapelare progetti per attuare dei furti, aveva
ricopiato con dei puntini lo stemma trovato nella busta e poi, quando uno degli
uomini si era accorto che mancava la busta era scappato. All'uscita un altro
uomo lo aveva visto con la busta ed era partito l'inseguimento che era durato
fino a quel giorno.
Barberì aveva ormai le idee chiare, ma sapeva che non era ancora tutto
finito.
Ormai, i familiari di Gianni e
l'ispettore non ce la facevano più, volevano tutti poter riabbracciare il
povero ragazzo e poterlo riavere accanto.
Dopo immensi ragionamenti durati settimane e settimane ormai speravano di
arrivare alla fine di questa faccenda. La mamma di Gianni, all'improvviso si
ricordò che suo
figlio le aveva parlato di un posto in campagna bellissimo e nel quale lui andava
spesso. - Stefano, Stefano, mi é venuta in mente una cosa che può essere
fondamentale per ritrovare Gianni. Come ha fatto a non venirmi in mente prima?
Il marito si tirò su di scatto dalla poltrona e di corsa andò da sua
moglie che gli disse che gli avrebbe spiegato tutto in macchina e di sbrigarsi
a prepararsi.
In macchina la donna si spiegò e velocemente i genitori di Gianni si avviarono
alla campagna dove pensavano e speravano che fosse
il loro figlio. L'ispettore, tornando a casa, incontrò un ometto che stava
parlando con un altro signore e diceva qualcosa riguardante un ragazzino.
Allora, insospettito, gli chiese di che cosa si trattava e lui gli raccontò il
fatto avvenuto qualche giorno prima nei suoi territori, informandolo anche sul
fatto che questo furfante aveva anche costruito una piccola casetta
dove
"alloggiava". - Ma perché mi fa queste domande? Chiese il signore.
- Non si preoccupi, niente di che, comunque grazie infinite. Scusi, volevo
chiederle un' altra cosa, ma dove si trovano le sue terre?
Il signore lo informò e Barberì corse subito alla macchina dove incontrò i
fratelli di Gianni che gli dissero che forse sapevano dov'era il loro fratello.
Barberì disse: - Penso anch'io di saperlo ragazzi, andiamo!!!
In macchina si consultarono su dove, secondo loro, fosse Gianni e tutte le idee
combaciavano.
Nel frattempo i genitori del ragazzo erano arrivati, scesero, quando sentirono
il rumore di una macchina, era proprio Barberì!!!
Si incontrarono tutti e vedendosi si misero a ridere dalla
felicità. Continuavano a ridere perché se si erano trovati tutti insieme fra
quegli alberi della collina significava che Gianni doveva essere nelle
vicinanze. Intanto il ragazzo, che stava dormendo tranquillamente nella
casetta, si svegliò di soprassalto. Sentiva ridere e pensò che i cattivi lo
avevano trovato. Cercò il posto più sicuro nella sua casetta, mettendosi in
un angolo per cercare di nascondersi. Non poteva scappare da
nessuna parte, perché l'unica via di fuga che aveva, una finestra dall'altra
parte della botola di entrata, era in alto e per scappare Gianni doveva
fare un salto di almeno quattro o cinque metri. Così aspettò che qualcuno
salisse per raggiungerlo. Ormai quelle persone avevano smesso di ridere e
Barberì disse:- Ora ci rimane solo da trovare Gianni! Cerchiamolo da queste
parti!! Gianni che non conosceva la voce dell'Ispettore cominciò a tormentarsi
ancora di più. Pensava alla preoccupazione dei suoi genitori ed era molto
dispiaciuto di essere scappato di casa. Poi sentì che qualcuno stava salendo le
scale della sua capanna. Un brivido freddo gli salì sulla schiena
quando... vide la faccia di un uomo adulto:- Un momento, pensò Gianni, ma
questo non è un rapitore. - PAPÀ!!!! Esclamò felice e corse da suo padre.
Era pieno d
i
gioia, finalmente aveva ritrovato la sua famiglia. Scese dalla casetta e
riabbracciò uno ad uno i suoi cari. Era pieno di gioia e finalmente si sentiva
al sicuro.
Subito l'ispettore, però, volle chiedere una descrizione dei malviventi e diede
ordine di ricostruire l'identikit alla squadra esperta.
Barberì pensò che il barista aveva fatto troppe domande... alcuni sospetti
cadevano sull'uomo che era entrato al bar, oppure...
Gianni intanto, fra le grida allegre dei fratelli, torna felice a casa e lì
finalmente i genitori e l'Ispettore vogliono sapere il perché di tanto mistero
e della sua fuga.
Il ragazzo svela che aveva trovato per caso un tesoro e voleva custodirlo,
mentre altri volevano distruggerlo.
- Un tesoro? Quale tesoro?
Gianni rivela che è semplicemente racchiuso nel biglietto che si trova...
... nella cassaforte della nostra scuola e che ora andremo a scoprire insieme...
noi ragazzi di IIa B con l'insegnante e il Dirigente ci apprestiamo a conoscere finalmente il segreto del Tesoro di Gianni... in cassaforte troviamo un foglio custodito in una busta dall'inizio della nostra storia, scelto fra le tante nostre proposte: apriamo... leggiamo il tanto sospirato segreto:
VOLERSI BENE PER CRESCERE BENE!
FINE