fuoco15.gifIl Buio infinitofuoco01.gif

 

Solo una cosa lo tratteneva dal suo proposito: voleva rivedere Pasquale. Così tornò indietro  a ripercorrere i luoghi a lui noti . Si avvicinò al giardino pubblico dove pasquale trascorreva i sui pomeriggi d’estate, ma non lo trovò  cos’ì decise di rivedere i suoi luoghi più cari .  ad un certo punto scorse un uomo in divisa spaventato tornò nel bosco.

Qui finiscono i ricordi che la luce misteriosa  aveva fato tornare alla mente . capì che si sbagliava nel giudicare gli uomini. Il ricordi più belli erano di persone che gli avevano fatto del bene: Franco, Pasquale e Ruggero. Così il giorno dopo scese dal pino dove aveva dormito e tornò in città. Raggiunse una strada dove passavano le macchine e c’erano persone che accudivano gli animali. C’era un uomo strano con in mano un piattino dove la gente metteva delle monete. Era un povero cieco ed ogni volta il cane si avvicinava lo scambiava per un umano. Ma quando il cane si fece toccare lui lo accarezzò e poi gli diede un pezzo di pane e formaggio da mangiare. Il cane si allontanavano per paura degli uomini si allontanava poi ritornava e il cieco aveva capitò. Alla sera il cieco e la signora che lo riportava a casa lo invitarono a seguirli, ma lui non accettò. Diventò però sempre più amico del cieco e lui gli raccontava la sua storia. Era un invalido civile e con la donna che era la sorella non stava molto bene. Avrebbe voluto che la sera stellino non tornasse nel bosco perche era convinto capiva come un umano. Ma la donna non voleva e non voleva nemmeno che si lamentasse che lo potevano ascoltare. E rinchiuderlo in un istituto. Salutò Stellino e andò via. Ogni giorno quando arrivava la sorella lo toccava cosi lui smetteva di parlare e continuava a così chiedere l’elemosina. Un giorno caldo  d’estate una macchina scoperta di color rosso sfrecciava velocemente il cieco si spaventava e quel giorno mentre si riposavano   senti le voci di  due persone che sembrava lo avessero riconosciuto Così l’uomo cominciò a chiamarlo: “Stellino, Stellino” il cane lo riconobbe era il babbo di Franco che gli diede subito del denaro perché lo accudisse per bene. E gli spiego il perché non glielo avrebbe mai ostato via gli avrebbe ricordato il figlio morto. Raggiunse la moglie salutò Stellino ed andò via. Intanto da una macchina rossa parcheggiata uscì un uomo che strappò di mano i soldi al cieco In quel momento Stellino  si lanciò sull’ uomo azzannandolo ad un braccio, l’uomo chiamò il suo compagno che estraendo una pistola  colpì Stellino che mollò la presa addentò il denaro. I due salirono in macchina velocemente e ripartirono,Stellino trascinandosi arrivò sul grembo del cieco gli diede il denaro. “-Stellino Stellino – gridava costui, mentre faceva scorrere trepidamente le mani lungo il corpo del cane per scoprire se lo avrebbero colpito in qualche parte quando  la palma di una mano raggiunse il torace, gli uscì dalla gola un gran urlo… un fiotto caldo di sangue aveva bagnato le sue dita- Stellino! Stellino! –gridava, piangendo . aiutò, correte che hanno ferito il mio povero Stellino – Era caduto in ginocchio sulla terra ed aveva stretto fra le mani il muso del cane supplicandolo di riprendersi. L’animale, con grande sforzo riuscita fissarlo: vide il volto del cieco, immerso in una fitta nebbia. Tentò di rispondergli, ma non vi riuscì perché gli mancarono le forze – Assassini! Assassini ! Avete ucciso il mio amico per dei pezzi di carta… Assassini! Assassini !- gemeva disperato il poveretto cerando di tamponare con un fazzoletto l’emorragia che usciva da una lunga ferita nel petto del cane. S’abbandonò ad un pianto disperato e fra un singhiozzo e l’altro continuò a chiamare per non il suo compagno che pareva un bambino addormentato tra le sue braccia. Il dolore dell’uomo era così profondo che gli aveva troncato le forze. La voce gli usciva dalle labbra debole come un sospiro. Stellino… Stellino… Stellino… intanto stellino aveva imboccato una lunga strada diritta, in un’ ampia pianura luminosa di colore arancione. Su due lati si levavano montagne altissime lucide e trasparenti come cristalli. Parevano fatte di tante guglie brillanti una accanto all’altra , per una profondità infinita. Appena vi si trovò in mezzo udì indistintamente il suo nome rimbalzare fra le pareti, come un suono dolce di campane lontane: Stellino… Stellino… Stellino. Tante volte sentì il suo nome finché la voce che lo pronunciava si fece più debole quasi impercettibile , infine essa si spense con un breve sospiro. Rimase tutto solo in quella sterminata pianura luminosa, ma non se ne stupiva quasi si forse trovato finalmente  nel luogo incontro al quale aveva corso tutta la vita. Continuò a camminare lungo la strada perché infondo ad essa scorgeva tanta luce. Era la prima volta che i suoi occhi potevano sopportare una luminosità così intensa, camminò molto ma non sentiva alcuna fatica. La pace e il silenzio del luogo lo avevano colmato di felicità . Gli venne voglia di correre e saltare dalla gioia. appena cominciò a farlo  le grandi montagne di cristallo e la stessa pianura cambiarono improvvisamente di formai erano mutate in nubi luminose. Ve ne erano di piccole e di grandi, ma tutte pistola 1.giferano morbide ed elastiche. Quando vi si tuffava dentro, vi affondava un poco pio rimbalzava: saliva, saliva così in alto ,che ad un certo punto , pareva vi si mozzasse il respiro. Allora si lasciava cadere dolcemente, ma quando si adagiava su un’ altra nube, riceveva una nuova spinte verso il cielo gli pareva di diventar sempre più leggero e quando ricadeva verso il baso era come se planasse ad ali aperte come una rondine, giocò fino a sera. Quando la luce in fondo prese il colore rosso del sole estivo vicino al tramonto, Stellino ritenne fosse giunta l’ora di far ritorno alla sua cuccia doveva attraversare, come sempre , il prato fiorito infondo al quale l’attendeva la sua dimora. I raggi del sole morente sfioravano le corolle e le tingevano di un rosa vivido. Anche le farfalle e tutti gli insetti brillavano  della stessa tinta. Le nubi, invece, si erano fatte grigie e di apprestavano a prendere il colore della notte. Bisognava affrettarsi, non c’era più tempo c di strare a giocare con le erbe e a rincorrere i luminosi abitatori del prato e pio si sentiva stanco, molto stanco. Aveva giocato troppo e ora sentiva una gran voglia di riposarsi , di sprofondare in un sonno tranquillo ristoratore . fece più presto del solito quella sera, a raggiungere la sua cameretta, la ritrovò come sempre bianca con le pareti di bambagia e il cuscino morbidi. Com’era felice! Era molto stanco però intorno a lui , tutto era ormai avvolto nelle tenebre. Rimanevano po’ di chiaro nel suo angoletto, ma sapeva che qualcuno, appena egli si fosse adagiato, lo avrebbe fatto sparire . allora si girò su se steso, come di abitudine, e si coricò pose il capo sul cuscino.

 Nello stesso momento, una mano invisibile spense la luce. Stellino tirò un lungo sospiro e si addormento neppure si accorse che era caduto nel buio infinito.”

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