Atto terzo
Scena quarta
Camera di Mirandolina con tavolino e biancheria da
stirare. Il cavaliere e detta.
CAVALIERE-
(da se, indietro) Eccola. Non ci volevo venire, e il diavolo mi ci ha
trascinato.
MIRANDOLINA-
(lo vede colla coda dell’occhio, e stira) ( Eccolo, eccolo).
CAVALIERE-
Mirandolina?
MIRANDOLINA-
(stirando) Oh, signor Cavaliere! Serva umilissima.
CAVALIERE-
come state?
MIRANDOLINA-
(stirando senza guardarlo) Benissimo, per servirla.
CAVALIERE-
ho motivo di dolermi di voi.
MIRANDOLINA-(guardandolo
un poco) Perché, signore?
CAVALIERE-
Perché avete ricusato la piccola boccettina che vi ho mandato.
MIRANDOLINA-(stirando)
Che voleva ch’io facessi?
CAVALIERE-
servirvene nelle occorrenze
MIRANDOLINA-(stirando)
Per grazia del Cielo, non sono soggetta agli svenimenti. Mi è accaduto oggi
quello che non mi è accaduto mai più.
CAVALIERE-cara
Mirandolina… non vorrei essere stato io la ragione di quel funesto accidente.
MIRANDOLINA-
(stirando) Eh, si, ho timore che ella appunto ne sia stata la causa.
MIRANDOLINA-(stirando
con rabbia) Mi ha fatto bere quel maledetto vino di Borgogna, e mi ha fatto
male.
CAVALIERE-
Come? Possibile? (rimane mortificato)
MIRANDOLINA-
(stirando) è così senz’altro. In camera sua non ci vengo mai più.
CAVALIERE-
V’intendo. In camera mia non ci verrete più? Capisco il mistero. Sì, lo
capisco. Ma veniteci, cara, che vi chiamerete contenta.
MIRANDOLINA-
questo ferro è poco caldo. (forte verso la scena) Ehi, Fabrizio? Se l’altro
ferro è caldo portatelo.
CAVALIERE-
Fatemi questa grazia, tenete questa boccetta.
MIRANDOLINA-(con
disprezzo, stirando) In verità, signor Cavaliere,dei regali io non ne prendo.
CAVALIERE-
li avete pur presi dal conte d’Albafiorita.
MIRANDOLINA-
Per forza. Per non disgustarlo.
CAVALIERE-
E vorreste fare a me questo torto? E disgustarmi?
MIRANDOLINA-
Che importa a lei se una donna la disgusta? Già le donne non le può vedere.
CAVALIERE-
Ah, Mirandolina! Ora non posso dire così
MIRANDOLINA-
Signor cavaliere, a che ora fa la luna nuova?
CAVALIERE-
Il mio cambiamento non è lunatico. Questo è un prodigio della vostra bellezza,
della vostra grazia.
MIRANDOLINA-
Ah, ah, ah.
CAVALIERE-
Ridete?
MIRANDOLINA- Non vuol che io rida? Mi burla e non vuol che rida?
CAVALIERE-
Eh, furbetta! Vi burlo, eh? Via, prendete questa boccetta.
MIRANDOLINA-
Grazie, grazie.
CAVALIERE-Prendetela,
o mi farete andare in collera.
MIRANDOLINA-
(chiamando forte) Fabrizio, il ferro.
CAVALIERE-
La prendete o non la prendete?
MIRANDOLINA-
Furia, furia. (prende la boccetta e la getta con disprezzo nel paniere della
biancheria)
CAVALIERE-
La gettate così?
MIRANDOLINA- Fabrizio!
Scena quinta
Fabrizio col ferro, e detti.
FABRIZIO-
Son qua.
MIRANDOLINA-
È caldo bene?
FABRIZIO-
Signora sì.
MIRANDOLINA-
Che avete, che mi parete turbato?
FABRIZIO-
Niente, padrona, niente.
MIRANDOLINA-
Avete male?
FABRIZIO-
Datemi l’altro ferro, se volete che lo metta nel fuoco.
MIRANDOLINA-
In verità, ho paura che abbiate male.
CAVALIERE-Via,
dategli il ferro, e che se ne vada.
MIRANDOLINA-
Gli voglio bene, sa ella? È il mio cavaliere fidato.
CAVALIERE-
Non posso più.
MIRANDOLINA-
Tenete, caro, scaldatelo.
FABRIZIO-
Signora padrona…
MIRANDOLINA-
Via, via, presto. (lo scaccia)
FABRIZIO-
(da sé) Che vivere è mai questo? Sento che non posso più.
Scena sesta
Il Cavaliere e Mirandolina.
CAVALIERE-
Gran finezze signora, al suo cameriere!
MIRANDOLINA-
E per questo, che cosa vorrebbe dire?
CAVALIERE-
Si vede che ne siete invaghita.
MIRANDOLINA-
Io innamorata di un cameriere? Mi fa un bel complimento, signore; non sono di
sì cattivo gusto io. Quando volessi amare, non getterei il mio tempo sì
malamente.
CAVALIERE-
Voi meritereste l’amore di un re.
MIRANDOLINA-
Del re di spade o del re di coppe?
CAVALIERE-
Parliamo sul serio, Mirandolina, e lasciamo gli scherzi.
MIRANDOLINA- Parli pure, che io l’ascolto.
CAVALIERE-
Non potreste per u poco lasciar di stirare?
MIRANDOLINA-
Oh, perdoni! Mi preme allestir questa biancheria per domani.
CAVALIERE-
Vi preme dunque quella biancheria più di me?
MIRANDOLINA-
Sicuro.
CAVALIERE-
E ancora lo confermate?
MIRANDOLINA-
Certo. Perché di questa biancheria ne ho da servire, e di lei non posso far
capitale di niente.
CAVALIERE-
Anzi potete dispor di me con autorità.
MIRANDOLINA- Eh, che ella non può vedere le donne.
CAVALIERE-
Non mi tormentate più. Vi siete vendicata abbastanza. Stimo voi, stimo le donne
che sono della vostra sorte, se pur ve ne sono. Vi stimo, vi amo, e vi domando
pietà.
MIRANDOLINA-
Si signore, glielo diremo. (stirando in fretta si lascia cadere un manicotto)
CAVALIERE-
( leva di terra il manicotto e glielo dà) Credetemi.
MIRANDOLINA-
Non s’incomodi.
CAVALIERE-
Voi meritate d’esser servita.
MIRANDOLINA-
Ah,ah,ah.
CAVALIERE-
Ridete?
MIRANDOLINA- Rido, perché mi burla.
CAVALIERE-
Mirandolina , non posso più.
MIRANDOLINA-
Le vien male?
CAVALIERE-
Si, mi sento mancare.
MIRANDOLINA-
Tenga il suo spirito di melissa. (gli getta con disprezzo la boccettina.)
CAVALIERE-
Non mi trattate con tanta asprezza. Credetemi, vi amo, ve lo giuro. (vuol
prenderle la mano, ed ella col ferro lo scotta) Aimé!
MIRANDOLINA-
Perdoni: non l’ho fatto apposta.
CAVALIERE-
Pazienza! Questo è niente. Mi avete fatto una scottatura più grande.
MIRANDOLINA- Dove, signore?
CAVALIERE-
Nel cuore.
MIRANDOLINA-
Fabrizio!
CAVALIERE-
Per carità, non chiamate colui.
MIRANDOLINA-
Ma se ho bisogno del ferro.
CAVALIERE-
Aspettate… chiamerò il mio servitore.
MIRANDOLINA-
(vuol chiamar Fabrizio) Eh, Fabrizio…
CAVALIERE-
Giuro al cielo, se vien colui, gli spacco la testa.
MIRANDOLINA- Oh, questa è bella! Non mi potrò servir della mia gente?
CAVALIERE- Chiamate un altro, colui non lo posso vedere.
MIRANDOLINA-
Mi pare ch’ella avanzi un poco troppo, signor Cavaliere. (si scosta dal tavolo
col ferro in mano)
CAVALIERE- Compatitemi… son fuori di me.
MIRANDOLINA- Anderò io in cucina, e sarà contento.
CAVALIERE- No, cara, fermatevi.
MIRANDOLINA- È una cosa curiosa questa.
CAVALIERE- Compatitemi.
MIRANDOLINA-
Non posso chiamar chi voglio?
CAVALIERE- Lo confesso, ho gelosia di colui.
MIRANDOLINA- ( da sé, passeggiando) Mi vien dietro come un cagnolino.
CAVALIERE- Questa è la prima volta che provo che cosa sia amore.
MIRANDOLINA- Nessuno mi ha mai comandato.
CAVALIERE- Non intendo di comandarvi: vi prego.
MIRANDOLINA-
Che cosa vuol da me?
CAVALIERE- Amore, compassione, pietà.
MIRANDOLINA- Un uomo che stamattina non poteva veder le donne, oggi chiede amore e pietà? Non gli abbado, non può essere, non gli cedo. Crepa, schiatta, impara a disprezzar le donne. (parte e se ne va)
Scena settima.
Il Cavaliere solo.
Oh,
maledetto il punto, in cui ho principiati a mirar costei! Son caduto nel
laccio, e non vi è più rimedio.
Scena tredicesima.
Camera con tre porte. Mirandolina sola.
Oh,
meschina me! Sono nel brutto impegno! Se il Cavaliere mi arriva, sto fresca. Si
è indiavolato maledettamente. Non vorrei che il diavolo tentasse di venir qui.
Voglio chiudere questa porta. Ora principio quasi a pentirmi di quel che ho
fatto. È vero che mi sono assai divertita nel farmi correr dietro a tal segno
un superbo, un disprezzator delle donne: ma ora che il satiro è sulle furie,
vedo in pericolo la mia reputazione e la mia vita medesima. Qui mi convien
risolvere qualche cosa di grande, Son sola, non ho nessuno nel cuore che mi
difenda. Non ci sarebbe altri che quel buon uomo di Fabrizio, che in un tal
caso mi potesse giovare. Gli prometterò di sposarlo… Ma… prometti, prometti, si
stancherà di credermi… Sarebbe quasi meglio ch’io lo sposassi davvero.
Finalmente con un tal matrimonio posso sperar di mettere al coperto il mio
interesse e la mia reputazione, senza pregiudicare alla mia libertà.