Protagonista del canto primo
è Angelica, bellissima figlia del re del Catai, accompagnata da Orlando
all’accampamento di re Carlo,impegnato nella guerra contro i saraceni. Al suo arrivo,
i più nobili cavalieri cristiani e pagani si invaghiscono di lei e dimenticano
i propri doveri militari.
Per risolvere una lite scoppiata tra Orlando e suo cugino Rinaldo,
entrambi innamorati di Angelica, Carlo Magno decide di allontanare la principessa
e la affida al vecchio Namo, duca di Baviera, promettendola in sposa al
paladino che risulterà più valoroso in guerra e nei successivi combattimenti.
[…]
E così Orlando arrivò quivi a punto:
ma tosto si pentì d’esservi giunto;
VII che vi fu tolta la sua
donna poi:
ecco il giudicio uman come spesso erra!
Quella che dagli esperii ai liti eoi
avea difesa con si lunga guerra,
or tolta gli è fra tanti amici suoi,
senza spada adoprar, ne la sua terra.
Il savio imperator, ch’estinguer vòlse
Un grave incendio, fu che gli la tolse.
Ma durante uno scontro particolarmente violento, in cui i
cristiani hanno la peggio, Angelica approfitta della confusione e fugge.
Immediatamente diversi cavalieri, tra cui Orlando e Rinaldo, si lanciano alla
sua ricerca. Avvengono allora incontri casuali, duelli, avventure ricche di
colpi di scena in cui si susseguono le vicende e le imprese degli Eroi. Intorno
ad Angelica in fuga è un vorticare di guerrieri che accecati dal desiderio,
dimenticano i sacri doveri cavallereschi e per troppa precipitazione continuano
a girare a vuoto. Ferraù è sulla riva di un fiume e cerca di ripescare il suo
elmo che è caduto in acqua, quando vede passare di lì Angelica, di cui è
innamorato, inseguita da Rinaldo e così i due cominciano a duellare ma poi
Rinaldo propone di interrompere la lotta e di partire insieme all’inseguimento
di Angelica. I due cavalieri salgono entrambi sul cavallo di Ferraù, poiché a
Rinaldo era sfuggito il destriero Baiardo.
[…]
XXI Oh gran bontà de’ cavalieri
antiqui!
Eran rivali, eran di fé diversi,
e si sentian degli aspri colpi iniqui
per tutta la persona anco dolersi;
e pur per selve oscure e calli obliqui
insieme van senza sospetto
aversi.
Da quattro sproni il destrier punto arriva
ove una strada in due si dipartiva.
XXIII E come quei che non sapean
se l’una
O l’altra via facesse la donzella
( però che senza differenzia alcuna
apparia in amendue l’orma novella ),
si messero ad arbitrio di fortuna,
Rinaldo a questa, il Saracino a quella.
Pel bosco Ferraù molto s’avvolse,
e ritrovossi al fine onde si tolse.
Ferraù, perdutosi nel bosco, si ritrova sulla rive del fiume dove
gli era caduto l’elmo, così interrompe la ricerca di Angelica e continua a
cercare il suo copricapo quando ad un tratto dall’acqua spunta un fantasma che
rivendica l’elmo come sua proprietà ed esorta Ferraù, se proprio vuol ornarsi
d’un cimitero sopraffino, a conquistarsi in battaglia l’elmo di Orlando; al che
Ferraù lascia fiume, elmo, fantasma e fuggitiva e parte alla ricerca di
Orlando.
[…]
Altra
ventura al buon Rinaldo accade,
che da
costui tenea diverse strade.
XXXII Non molto va Rinaldo, che si vede
saltare
inanzi il suo destrier feroce:
- Ferma, Baiardo mio, deh, ferma
il piede!
Che l’esser
senza te troppo mi nuoce. –
Per questo
il destrier sordo a lui non riede,
anzi più se
ne va sempre veloce.
Segue
Rinaldo, e d’ira si distrugge:
ma
seguitiamo Angelica che fugge.
XXXIII Fugge tra selve spaventose e scure,
per lochi
inabitati, ermi e selvaggi.
Il mover de
le frondi e di verzure,
che di
cerri sentia, d’olmi e di faggi,
fatto le
avea con subite paure
trovar di
qua e di là strani vïaggi;
ch’ad ogni
ombra veduta o in monte o in valle,
temea
Rinaldo aver alle spalle.
XXXIV
Qual pargoletta o damma o
capriuola,
che tra le
fronde del natio boschetto
alla madre
veduta abbia la gola
stringer
dal pardo, o aprirle ‘l fianco o ‘l petto,
di selva in
selva dal crudel s’invola,
e di paura
triema e di sospetto:
ad ogni
sterpo che passando tocca,
esser si
crede all’empia fera in bocca.
XXXV
Quel dì e la notte e mezzo l’altro giorno
S’andò
aggirando, e non sapeva dove.
Trovossi al
fine in un boschetto adorno,
che lievemente
la fresca aura muove.
Duo chiari
rivi, mormorando intorno,
sempre
l’erbe vi fan tenere e nuove;
e rendea ad
ascoltar dolce concerto,
rotto tra
picciol sassi, il correr lento.
XXXVI Quivi parendo a lei d’esser
sicura
e lontana a
Rinaldo mille miglia,
da la via
stanca e da l’estiva arsura,
di riposare
alquanto si consiglia:
tra fiori
smonta, e lascia alla pastura
andare il
palafren senza la briglia;
e quel va
errando intorno alle chiare onde,
che di
fresca erba avean piene le sponde.
XXXVII
Ecco non lungi un bel cespuglio vede
di prun
fioriti e di vermiglie rose,
[…]
XXXVIII Dentro letto vi fan tenere
erbette,
ch’invitano
a posar chi s’appresenta.
La bella
donna in mezzo a quel si mette;
ivi si
corca, et ivi s’addormenta.
Ma non per
lungo spazio così stette,
che un
calpestio le per che venir senta:
cheta si
leva, a appresso alla riviera
vede
ch’armato un cavallier giunt’era.
Angelica, dopo aver scrutato attentamente gli
arbusti vede un guerriero enorme, dai lunghi baffi spioventi: è un altro dei suoi
spasimanti, Sacripante, re di Circassia. Quest’ultimo continua ad essere
profondamente innamorato di Angelica, ma crede che mentre lui era in oriente in
missione militare, Orlando l’avesse fatta sua. Angelica, dopo aver considerato
la situazione e vedendo che era sola e senza una protezione propone a
Sacripante di servirla come paladino.
Ma sul più bello, proprio quando Sacripante
crede di avere Angelica in mano sua, viene interrotto dall’ingresso in scena di
un cavaliere di bianco vestito che dopo aver duellato con lui e aver ucciso il
suo cavallo, corre via. Sacripante apprenderà poi di non esser stato
disarcionato da un guerriero, ma da una guerriera. L’amazzone dal bianco
pennacchio, altri non è che Bradamante. La salvezza di Angelica dipende davvero
da interventi imprevedibili: tra tanti paladini che intendono proteggerla chi
sopravviene a liberarla dalle insidie? Un’altra donna. E in mezzo a questo
carosello, chi è l’unico ad agire in base ad un piano meditato? Un cavallo.
Dalla foresta sopravviene un fragore improvviso e ad un tratto Angelica vede
arrivare di gran carriera il destriero di Rinaldo: il forte cavallo Baiardo. La
ragazza lo riconosce subito e dopo essersi avvicinata a lui e averlo coccolato,
egli si fa montare da Sacripante. Ma, inseguendo Baiardo, giunge stanco anche
Rinaldo che ingiunge a Sacripante di smontar dal suo cavallo. Questo per dirla
in termini educati: in realtà, idue si danno reciprocamente del ladro come in
una rissa di taverna. Sacripante scende così dal cavallo per poter duellare con
Rinaldo corpo a corpo.
Come
L. Ariosto,
Orlando furioso, canto I.