Incontro con il lupo manaro
 

 

 

 

 

 


                                                                                                                                                                                          

Lo scrittore Bruno Necchi nel suo libro La Cresa scrive anche un racconto intitolato: Incontro con il lupo manaro

 

Tanto tempo fa  per vedere i lupi mannari, se si volevano vedere bastava andare  fino al votone della Bietola oppure montavi su per il Piagnaro e i Sorcheti  e al meno un paio lì li trovavi…

Quando c’era la luna piena, là nei ardami di Sucarelo, ce n’erano sempre tre o quattro che si “armusnavano”in gatone e abbaiavano  insieme agli altri cani e si davano dei morsi a tutto spiano e si sentivano degli urli da uomo e da bestia, che pareva un lupo in amore nella foresta che abbaiava con il muso alzato verso la luna come nei film che fanno vedere i lupi con il muso rivolto alla luna.

E allora racconta che quando sentivano che “ronfavano” bene, chiudevano a chiave la porta della camera e si metteva su una poltrona “ rembata ” al letto del babbo e ci stavo fino a che veniva giorno e gli prendeva il freddo…

Una sera era con Beppino Biondi, “ rembati ” alla bottega di Osvaldo, che lui per andare a letto dovevano venire le tre di notte  per fargli venire sonno…

Parla di una cosa e parla di un’ altra  che a un momento iniziavamo a parlare del lupo manaro.

 

Me facevo il coraggioso e dicevo che non avevo paura di gnente, che i lupi manari li incontravo quasi tutti i giorni e che ramai non mi facevano più impressione, che poi bastava non guardarli e far finta di gnente che loro se ne stavano tranquilli a armusnare nell’ ardamo.Che poi a qualcuno ci veniva in mente di darci dietro, bastava montare tre scalini e non c’era pericolo che lui li poteva chiappare. Mentre che dicevo tutte queste cose e Beppino mi stava a sentire ammirato dalla mia confidensa con il lupo manaro, me mi sentivo venir su la paura che ci avevo già i piedi gelati e i capelli dritti che parevo un riccio. Più che pensavo era quando veniva il momento che Beppino mi diceva buonanotte e mi lasciava li solo senza anima viva, con quella luna piena nel cielo che chiamava il lupi panari a plotoni fiancati.

 

Appena sentimmo suonare il  campanone io e Beppino iniziammo a correre per la paura del lupo manaro  io sentii i suoi passi  e sperai che lui non sentisse i miei. Se cerò di prendermi non ebbe tempo perché io ero troppo veloce, e se riuscì a seguirmi in tre secondi  ero già sotto casa. Quando trovai la chiave per entrare in casa  sentii un ululato così forte che la chiave mi cadde per terra. Appena sentii il lupo mannaro  corsi subito al palazzo del vescovo. Mentre riprendevo fiato intanto sentii suonare le campane:erano le tre e in giro non c’era nessuno… poi ripensando a mio babbo mi venne in mente che soffriva di insonnia e che sentiva suonare tutti i rintocchi delle campane, così mi venne in mente di andare a casa di mio padre.

 

“Oiüt, Signor! I n’è propri an ca ’!”……… “Oiüt më pa ’, aiüt më pa ‘,aiüt më pa!”.

In quel mentre si cende la luce della camera sopra la strada, si spalanca una finestra in fretta e un paio di baffi lunghi e grigi si affacciano.

“Sia lodato Iddio! Ramai an go’ pü përa d’ gnent!”

………………

“Toc d’un imbecile, a gher bsugn d’fer tant burdèl: tün sënt chiè al can di Landi, chi han ciüs an cantina quand ien andà a Nusa ? »

«  Am parev sì… Ma tsè, anü vrev ch’as ciapëss përa l’Ernesta e la Maria. Tsè ben al don cmè clen!”

 

Serena, Rossana e M. Sofia.                                                      Torna su.