Tra
le figure più rappresentative di garibaldini pontremolesi possiamo citare
Pompeo Spagnoli, nato il 1829 in piazzetta San Geminiano. Combatté tra i volontari toscani a Curtatone, guadagnando
una medaglia al valore; dopo una prigionia in Austria, si arruolò tra i
difensori della Repubblica Romana, seguendo Garibaldi fino a San Marino e, poi,
tra i Cacciatori delle Alpi e nella spedizione Cosenz; ancora con Garibaldi nel
Trentino e nel 1867 a Mentana.
Enrico
Buttini, nato nel 1830 in Pontremoli da antica famiglia di farmacisti, morì a
soli 29 anni, vittima della malattia contratta per la prigionia sofferta, dopo
una vita di attivismo politico e di battaglie sul campo. Fece parte del governo
provvisorio pontremolese.
Di
Vincenzo Ferretti, uno dei volontari garibaldini più giovani, si deve ricordare la partecipazione alla
spedizione Cosenz in Sicilia; combatté eroicamente nella battaglia del Volturno
contro le tratte borboniche, morendo tra le braccia di Garibaldi nell’Ospedale
SS. Apostoli di Napoli, ove era stato ricoverato per le gravi ferite riportate.
Il pontremolese Giuseppe Fugacci partecipò alla guerra del 1848 con i volontari
della colonna Baldini, unitamente a Frassinelli Nicola e allo Spagnoli; l’anno
dopo fece parte della difesa di Roma ancora assieme allo Spagnoli, a Bertinelli
Luigi, a Frassinelli Giacomo, ad Arrighi Paolo, a Dani Pietro, al Buttini e a
Pinotti Antonio. Dopo la ritirata a San
Marino, gravemente ferito, venne tratto in arresto ad Arezzo e trasferito a
Pontremoli.
Teodoro Reghini era destinato alla carriera
ecclesiastica e nel 1860 si trovava nel seminario Vescovile di Pontremoli
quando giungeva la notizia del sbarco di Garibaldi a Messina; fuggì a Genova, calandosi
nottetempo da una finestra del collegio; venne incorporato nella spedizione
Cosenz insieme agli altri volontari di Pontremoli, combattendo sino al
Volturno. Sciolte le truppe garibaldine dopo l’annessione del Regno delle Due
Sicilie al Regno d’Italia, passava nell’esercito italiano nella quale
raggiungeva in grado di capitano.
Infine,
Guglielmo Giumelli, che aveva appena diciotto anni quando a combattuto nel 1866
a Bezzecca, nell’eroico 5° Reggimento; rientrato a Pontremoli, visse sino al
1932, lasciando un’eredità morale di prim’ordine; aveva voluto che sulla sua
bara fiammeggiasse la sua camicia rossa e che al Camposanto squillassero per
lui le note dell’Inno di Garibaldi.
Era
l’ultimo dei garibaldini rimasti ed era diventato l’emblema di come e di quando
l’intera città avesse contribuito all’Unità d’Italia.
Fonte testo e immagine: N. Michelotti, Almanacco pontremolese 2011, Artigianelli Pontremoli, 2011