Il ritorno del Granduca Ferdinando III fu accolto in Toscana con generale consenso, che si estendeva dalle classi dominanti al mondo contadino.
Contrariamente
a quanto avvenne in molte parti dell’Italia, dal Piemonte alla Lombardia, i moti
nati in Spagna (1820-21) non ebbero in Toscana molta rilevanza. Infatti
quest’ultima divenne il luogo dove si riunirono numerosi esuli, come: Carlo
Poerio, Pietro Colletta, Gabriele Pepe
(Sicilia) e lo stesso Carlo Alberto. La Carboneria ebbe in toscana una
presa molto debole e la figura più nota fu Giuseppe Voltancoli.
I mazziniani nel 1831 a Livorno fondarono la Giovine Italia e nello stessa città nacque nel 1828, per iniziativa di Francesco Domenico Guerrazzi e di Carlo Bini, “L’indicatore livornese”, un giornale. Venne soppresso nel 1830 e Guerrazzi e Bini furono arrestati nel 1833 perché sospettati di legami con Mazzini e la Giovine Italia.
È in questi anni che si diffondono in Toscana il mazzinianesimo, il saintsimonismo e le idee di Filippo Buonarroti.
Fra tutti gli italiani comunque il Granducato di Toscana fu l’unico che nel 1815-1848 non vide alcun tentativo insurrezionale né attività cospirative significative.
Ciò fu dovuto alla politica tollerante e non ci furono repressioni all’egemonia esercitata dal gruppo moderato liberale.
Fonte testo e immagine: V.
Baldacci, C. Ceccanti, Regione Toscana 2011, La Toscana nell’età del
Risorgimento