Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861) apparteneva a una nobile
famiglia piemontese con vasti possedimenti e beni a Santona e Cavour (Torino).
Il giovane
Camillo visse la sua adolescenza a Torino, nell’ambiente soffocante della
Restaurazione. Orgoglioso, intelligente, intollerante alla disciplina e
all’etichetta, a quattordici anni ebbe il primo incidente diplomatico. Nominato
paggio di corte (giovane che serviva nelle corti), al seguito del principe Carlo Alberto, Camillo non nascose la sua
insofferenza per un incarico tanto ridicolo quanto inutile. Per questa
spavalderia suo padre si infuriò e Carlo Alberto punì il giovane allontanandolo
dalla corte.
Negli anni
successivi frequentò l’Accademia militare di Torino, che lo portò in varie
città e a frequentare ambienti dove circolavano idee rivoluzionarie. In questi
anni Cavour scoprì la passione per la politica e divorò libri e giornali di
ispirazione liberale, interessato dalla Rivoluzione Francese del 1830. Il
governo, insospettito, lo fece
trasferire in Valle d’Aosta per isolarlo. Ritornato in Piemonte, si rivelò un
ottimo imprenditore, amministrando l’azienda agricola di Leri
(Vercelli), proprietà della sua famiglia.
Dal 1847 si
dedicò all’attività politica, prima come direttore del giornale “Il
Risorgimento” e poi come deputato, ministro, presidente del consiglio. Ormai
l’adolescente un po’ ribelle era diventato un uomo di grande carattere,
liberale e un monarchico convinto. Capace di rischiare per il suo paese e per
le sue idee, era però contrario alla democrazia e al suffragio universale. Fu
perciò ostile a Mazzini e diffidò di Garibaldi, convinto che il governo del
paese non potesse essere affidato al popolo, ancora immaturo. Secondo lui, solo
una ristretta classe dirigente, costituita dalla parte più progressista
dell’aristocrazia e della borghesia liberale, avrebbe potuto guidare l’Italia
verso il progresso.
Giunto al
governo, Cavour puntò subito al rilancio dell’economia piemontese: stipulò
trattati commerciali con l’Europa, diminuì o abolì i dazi, favorì l’attività
bancaria e soprattutto quella produttiva, fece costruire linee ferroviarie e
telegrafiche, strade, canali di irrigazione, potenziò il porto di Genova e
avviò il traforo del Fréjus.
Da principio Cavour non
mirò all’unificazione politica di tutta l’Italia.
Fonte testo: A. Brancati e T. Pagliarani, Tanti tempi, una storia 2, La Nuova Italia, Milano 2010.
Fonte immagine: C. E. Rol, Il libro di Storia 3A, Il Capitello, Torino 2004.